“Ero consapevole di andare contro la legge, ma il mio è stato un atto legittimo che rientra nel quadro della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo”. Davanti alla corte del Tribunale di Imperia, Felix Croft si è difeso con queste parole dall’accusa di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, un reato che prevede pene fino a 15 anni di carcere. In un aula di tribunale blindata e gremita di pubblico e stampa internazionale, alla quale non è stato consentito di filmare l’udienza per “per ragioni di sicurezza”, Croft ha ripercorso la genesi del suo gesto.

“L’estate scorsa andavo spesso avanti e indietro per dare una mano ai volontari di Ventimiglia che davano da mangiare ai migranti – racconta il giovane, anche lui figlio dell’immigrazione, di padre statunitense e nonna 86enne di origini italiane che lo ha accompagnato in aula e lo difende. “In quei giorni ho conosciuto una famiglia di sudanesi, due uomini, una donna incinta e due bambini”, racconta il 28enne di Vence, vicino a Nizza. E spiega: “Mi hanno detto della fuga dal loro paese, del villaggio in fiamme: ho notato le bruciature sul corpo del bambino. Volevano passare il confine, probabilmente per raggiungere la Germania”.

È il 22 luglio scorso, Croft decide rischiare. “Avevo sempre respinto simili richieste da parte dei profughi”, spiega oggi in Tribunale. Questa volta accetta. Li carica a bordo della sua Citroen e insieme provano a varcare il confine. “Perché la loro storia è anche la mia”. Ma l’auto con le sei persone a bordo viene notata da una pattuglia di carabinieri. Uno dei tanti “passeurs” che provano a varcare la frontiera, sembrerebbe. Ma questa volta non c’è alcuno scambio di denaro. “La legalità dovrebbe essere parallela alla legittimità, ma nel mio caso questo non è successo. Un atto legittimo come quello che ho fatto viene considerato illegale”, si difende Croft a margine dell’udienza in cui ha risposto alle domande del pm Grazia Pradella.

Nessuna rete, nessuna organizzazione, solamente la commozione e il senso di solidarietà spiegherebbero il gesto. Un episodio identico a quelli contestati al francese Cédric Herrou, che ha aiutato almeno 200 persone a superare il confine. “Azioni legittime mosse da spirito di solidarietà”, ha dichiarato il tribunale di Nizza, che lo ha limitato la condanna a un’ammenda. “Come cittadini francesi ci vergogniamo della politica di chiusura delle frontiere che sta portando avanti il governo francese. – spiega Teresa Maffeis, tra gli attivisti francesi presenti all’udienza per sostenere le ragioni di Felix – di fronte a questa vergogna, non stiamo a guardare, in tanti abbiamo iniziato a fare qualcosa”. Persone disposte a rischiare conseguenze penali. Ad oggi, tra l’Italia e la Francia, decine di cittadini francesi sono sotto processo per aver aiutato i migranti a passare il confine. “Fino a quando gli Stati non si prenderanno cura di queste persone – conclude Croft – noi continueremo ad aiutarle, perché come membri della società è l’unica risposta che possiamo dare al problema”

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