Questa sera c’è Real Madrid-Napoli e ognuno scioglie la tensione come crede. Io ho scritto questo post qualche settimana fa dopo un pareggio con avversari che giocavano in 11 dietro la linea della palla. E’ ispirato ad uno dei miei film preferiti: L’uomo in più di Paolo Sorrentino.

C’è un maestro a Napoli, un altro. Un uomo in più. Maestro vero perché ancora discente. E’ l’antitesi del calcio moderno, groviglio di starlette, pay tv e amenità. Lui, no. Semplicemente, no. Non calza occhiali per ingolosire sponsor, non indossa cravatte per farsi divo, non parla il politicamente corretto, non insegue i social per contarsi i like.

Lui si ‘arrapa’ anche per un’amichevole, calpesta l’erba e si gasa, osserva, prova, riprova e scrive. Usa le tecnologie, le piega ai suoi bisogni. Fa volare droni, li fa salire in cielo per vedere come si muovono i suoi arcieri, condottiero di metodo e concetto. E’ abituato a vedere dall’alto il mondo mantenendo i piedi piantati in terra, maestria antica, di discendenza, di memoria, di quando il padre sulle gru osservava Napoli Ovest, Bagnoli, modello di sviluppo poi imploso tra decessi e bonifiche attese. Operaio il padre, operaio lui. Un senza cravatta “in tuta – ebbe a dire in un’intervista a Gianni Mura – sto comodo, faccio l’allenatore non l’indossatore”, abituato ai percorsi solitari, alla ‘fatica’, a uscire dal campo ripensando ancora all’ultima sovrapposizione, alla copertura, all’errore che gli ha fatto sfuggire la perfezione bramata, inseguita, ma ancora non raggiunta.

Lo senti dire ‘dobbiamo ancora lavorare’, ‘si può ancora migliorare’, ‘può crescere’ invocando ‘applicazione’. Maestro antico. Dirige una orchestra da proscenio internazionale, ma non gli basta. Studia, aggiorna gli schemi, scruta movimenti, lima i difetti. Preziosa dote, la sua.

Ha visto la periferia prima di vivere nel ventre della città, la gavetta prima dell’urlo “Champions“. Senza salti nel vuoto, entrato operaio, si è preso la fabbrica. Riscatto riempito di studio e passione.

Maurizio Sarri e il suo Napoli vincono, a volte no, ma giocano sempre a calcio.

Ora c’è il Real Madrid. E che bisogna dire trofei e campioni. E da questa parte una città con le curve più stellari del mondo, quando ero più piccolo, e ancora oggi quando posso, andavo in curva B ogni domenica anche quando giocavamo nei campionati minori.

Serve l’uomo in più per vendicare il padre, Diego Armando Maradona, e scrivere la storia.

Lui, Maradona, sarà in tribuna, ci sarà anche il regista Paolo Sorrentino e oltre diecimila napoletani. Forse imbarchiamo gol come merce su un cargo, come pacchi su un tir, ma una volta Sarri spiegò: “C’è da giocare a calcio, avrebbe detto mio nonno, mica da scaricare un camion”. Giocare a calcio ‘folli e con la faccia tosta’ chiede il mister, parafrasando Tony Pisapia nella scena finale dell’Uomo in più “Questa partita è una stronzata, Anie’”. Provo a dirmelo da giorni.

Twitter: @nellotro

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