La biodiversità agricola attualmente suscita sicuramente più interesse rispetto al passato nel panorama delle politiche rivolte al settore agricolo del nostro Paese. A fine 2015, in Italia è stata approvata una legge per la salvaguardia della biodiversità in agricoltura, che oltre a istituire un’anagrafe, prevede una serie di azioni per monitorare e preservare la risorse genetiche a rischio di estinzione.

Inoltre molti bandi regionali dei Programmi di Sviluppo Rurale (Psr) 2014-2020 contemplano misure a tutela della biodiversità e degli agricoltori che la custodiscono, con incentivi soprattutto economici. Nonostante le misure di tutela, tuttavia, la biodiversità continua a ridursi: ci sono tantissime specie vegetali e razze animali minacciate dal rischio di estinzione. E probabilmente se si continua ad affrontare la questione soltanto sotto i profili ambientali, sociali e culturali (comunque importantissimi), senza percorrere fino in fondo le enormi opportunità, anche economiche, che si possono generare grazie al recupero e alla diffusione delle produzioni locali, sarà sempre molto difficile mantenere la consistenza delle risorse genetiche a disposizione degli agricoltori.

Ecco perché in agricoltura è necessario passare dai concetti di tutela e di custodia a quelli di promozione e di espansione della biodiversità e dei prodotti che da essa derivano. Occorre un cambio di passo a partire dalla politica, in modo da poter orientare gli ordinamenti produttivi aziendali. I benefici sarebbero tanti, per gli agricoltori e non solo. Prima di tutto perché la nostra agricoltura ha la necessità di sottrarsi da una competizione in cui la scelta premia quasi esclusivamente il prezzo più basso.

Questa logica da una parte soffoca i produttori che non possono (o non vogliono) rincorrere all’infinito la riduzione dei costi unitari di produzione, dall’altra determina inevitabilmente un abbassamento della qualità delle produzioni alimentari, che non giova per niente ai consumatori. In Italia poi, la biodiversità dovrebbe essere il principale punto di forza dell’agroalimentare, in quanto abbiamo ancora un patrimonio enorme, se confrontato a tanti altri Paesi, di coltivare vegetali e di razze animali largamente sottoutilizzato, in quanto i grandi numeri della nostra agricoltura si concentrano quasi sempre su poche varietà.

Inoltre, un’agricoltura impostata su produzioni meno omologate offre al cittadino una maggiore possibilità di scelta e, probabilmente, e facilita lo sviluppo di meccanismi di economia locale. Tutto ciò senza considerare che i benefici più importanti sono quelli ambientali, perché la qualità dell’acqua, dell’aria, della terra sono strettamente correlate alla salvaguardia della biodiversità, e il modo migliore per preservare questa risorsa è fare in modo che non scompaia dalle nostre coltivazioni.

Un salto di qualità definitivo si potrà avere se la biodiversità viene messa al centro di ogni scelta strategica di politica agricola: questo permetterebbe di rivoluzionare non solo il settore agricolo, ma l’intero sistema alimentare nazionale.

Articolo Precedente

Tirreno Power, inchiesta archiviata. Ma il giudice accusa i politici liguri: “Incapacità e arroganza”

next
Articolo Successivo

Glifosato, l’appello di LifeGate a firmare la petizione europea per bandirlo: “Liberi da rischi per la nostra salute”

next