E come diceva Rocco Smitherson, il personaggio di Corrado Guzzanti: “Sparare sulla Croce Rossa? Beh, so’ sempre 50 punti!”. Sì, ci risiamo, mi tocca nuovamente di parlare della Giunta Raggi e della sua “corte dei miracoli” o “banda”, per citare l’attuale assessore all’Urbanistica di quella stessa giunta, Paolo Berdini, i cui trancianti giudizi sono stati abilmente registrati dal collega de La Stampa, Federico Capurso. Berdini ha per ora ritrattato, come logico che fosse, ma lo ha fatto in modo goffo, sottolineando che le sue frasi son state carpite e che non erano frutto di un’intervista ufficiale. Come a dire: non dovevate pubblicare quello che realmente penso di Virginia Raggi. E chissà se Di Maio chiederà all’Ordine dei Giornalisti le scuse anche per questo nuovo fatto; magari nella sua testa il giornalismo ideale è quello che dinanzi a una simile notizia chiude le orecchie e gli occhi, se quella notizia fa del male al M5S. Chissà come la pensa l’Ordine, in effetti.

Intendiamoci: non c’è nulla di nuovo nella bocciatura senza appello della Giunta Raggi, se non che ora il giudizio viene dall’interno della Giunta stessa. A otto mesi dall’insediamento, anche a prescindere dall’autobocciatura dell’assessore Berdini, è plastica l’incapacità di governo di questo gruppetto di politicanti improvvisati dai dubbi comportamenti etici. Un gruppetto di boriosi superbi, che fin quando non ha avuto responsabilità di governo ha tacciato di ogni nefandezza i propri predecessori, incluso l’onesto Ignazio Marino, salvo poi vedere che dei 116 indagati per la cosiddetta Mafia Capitale, 113 sono stati prosciolti proprio dall’accusa di mafia.

Un gruppetto di inetti a Cinquestelle per ciò che concerne l’amministrazione della cosa pubblica, dove pure non manca un arrestato per corruzione e per la sua “spiccata pericolosità sociale” (Marra) più vari pluri-indagati dalla magistratura per reati come l’abuso di ufficio (per Raggi sono addirittura due i fascicoli aperti in questo senso) o il falso ideologico. Non so se ricordate cosa diceva Luigi Di Maio solo nel marzo 2015 riguardo a questo tipo di indagine di reato: alla domanda del solito giornalista insolente “Basta essere indagati per non potersi più candidare?” lui rispondeva, serafico come sempre: “Dipende dal tipo di reato. Se sei indagato per abuso d’ufficio, sì“. Ora che l’indagata per doppio abuso d’ufficio è una esponente dei Cinquestelle sappiamo che in realtà dipende anche dalla tessera di partito che ti ritrovi in tasca.

Solo i più faziosi o creduloni fra gli elettori a Cinquestelle possono continuare a difendere l’indifendibile di una signora che ha dato ampia e rimarcata dimostrazione di essere nel migliore dei casi una totale sprovveduta (nel peggiore, lo stabilirà la magistratura), una persona priva di quelle necessarie doti di criterio e valutazione che portano un sindaco a circondarsi di persone capaci e competenti di sua fiducia. Ora però, davvero, basta con la “corte dei miracoli”: davanti all’ennesimo scandalo occorrono le dimissioni o dell’assessore Berdini, o della sindaca meno stimata d’Italia. Personalmente e da cittadino romano, io propendo per questa seconda soluzione.

Si sbulloni dalla seggiola, sindaca Raggi, e passi la mano. Non è cosa per lei, lo ha dimostrato a sufficienza.

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