Pur di fare musica è il nuovo spettacolo teatrale scritto da Paolo Belli insieme al regista Alberto Di Risio con la partecipazione di una big band formata da sette musicisti, gli eccezionali e già noti Gabriele Costantini (sassofonista, molto convincente nel divertente ruolo di Pedro), Mauro Parma (batterista), Enzo Proietti (pianista), Gaetano Puzzutiello (contrabbassista), Peppe Stefanelli (percussionista, ottimo anche come attore comico), Paolo Varoli (chitarrista, bravissimo nel rimanere imperturbabile per tutto il tempo) e Juan Albelo Zamora (violinista, polistrumentista, personaggio fondamentale anche lui), che, oltre a svolgere il loro lavoro in modo superbo, accompagnando le canzoni con arrangiamenti scoppiettanti, vi aggiungono lodevoli e godibilissime doti recitative.

Il palco è una sala dove alcuni musicisti sono in ritardo per le prove così che il percussionista Peppe si offre di dare una mano proponendo altri musicisti di sua fidata conoscenza, cioè un chitarrista sordo, caratterizzato da un’unica espressione impenetrabile, soprannominato Il Gelido e quattro gemelli sudamericani che non possono suonare contemporaneamente per dissapori familiari. Questo è lo spunto su cui si reggerà, in maniera scorrevole e gradevolissima, l’intero tessuto narrativo della storia.

In un misto di momenti musicali puri, in cui è protagonista l’esecuzione riarrangiata di brani tratti dal repertorio di canzoni dell’artista emiliano e di standard della tradizione italiana e sudamericana, con momenti di esilaranti battute e dialoghi al limite del surreale, il tempo scorre veloce senza mai un attimo in cui potersi e volersi distrarre da quello che accade sul palco e fuori. Paolo Belli dimostra ancora una volta una capacità istrionica, un talento di artista poliedrico e allo stesso tempo umano, in grado di emozionare perché è lui stesso a emozionarsi per primo. La sua forza trascinante è tale per cui dal pubblico si levano voci di partecipazione all’azione invitandolo a guardarsi alle spalle e così via. Uno spettacolo nello spettacolo. Paolo Belli riesce nell’intento di far eseguire al pubblico qualsiasi comando lui impartisca e a farlo cantare regalandogli una leggerezza e spensieratezza continue per l’intera durata dello spettacolo. Il monologo finale tocca più di una corda, incentrato com’è su un concetto tanto semplice quanto vero: la potenza della musica come elemento salvifico nell’esistenza umana.

Nel 2011 ebbi l’occasione e la fortuna di collaborare con Paolo Belli, di conoscerne alcuni aspetti umani e artistici connessi all’esperienza che stavamo condividendo e soprattutto ebbi modo di instaurare con lui un rapporto professionale di reciproca stima, determinato per me anche dal piano di ‘parità’ su cui mi aveva collocato riguardo le scelte artistiche della produzione che stavamo realizzando. Sono passati diversi anni, da allora non ci eravamo più né visti né sentiti, ma l’opinione che avevo di Paolo non è cambiata, anzi si è rafforzata. Oltretutto mi ha colpito (ma non avrebbe dovuto stupirmi) che mi abbia salutato, dopo lo spettacolo, come se non mi vedesse solo dal giorno precedente.

Complimenti anche alla produzione e ai tecnici, tra le altre cose il suono era perfetto. Formula vincente, dunque un evento da non perdere ovunque verrà messo in cartellone.

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