“Io sottoscritto C.S, scrivo queste parole per difendere e tutelare i detenuti del carcere di Ivrea, dopo che il giorno 24/25 del mese di Ottobre in questo istituto le guardie o agenti penitenziari hanno usato violenza indiscriminata. Chiamata la squadretta con supporto del carcere di Vercelli e riuniti in forza e armati di idranti e manganelli hanno distrutto dei compagni detenuti, (…). Riducendo quasi in fin di vita R. e P., a tal punto che né i dottori né gli educatori hanno preso il coraggio di fare una prognosi (…). Per questo scrivo (…), perché questa situazione venga a finire. Sicuramente con l’aiuto dei compagni le Istituzioni si faranno avanti prima che qui dentro ci scappi il morto. Siamo in tanti qui a sottoscrivere queste parole ma per motivi logistici la firmo solo io. Il motivo è che la posta è stata bloccata perché non vogliono far sapere cosa succede qui dentro (…). Aiutateci”.

Questo il messaggio che lo scorso ottobre uscì dal carcere di Ivrea. Altre comunicazioni sulla questione arrivarono alla pagina Facebook dell’associazione Antigone. Noi andammo in visita all’istituto, allertammo il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, invitammo i Garanti dei detenuti regionale e comunale a effettuare un sopralluogo in carcere, segnalammo la situazione anche a organismi sovranazionali. Non era la prima volta che avevamo percezione di punizioni oltre il lecito consentito dalla legge nel carcere di Ivrea.

Oggi – dopo che il Garante nazionale dei detenuti Mauro Palma, con una pronta e attenta indagine, ha confermato che almeno due detenuti hanno subito violenza in quella notte di ottobre dentro le celle di isolamento – il capo dell’Amministrazione Penitenziaria Santi Consolo ne ordina la chiusura. In una lettera alla direttrice del carcere, dispone di “inibire l’uso della stanza detentiva denominata cella liscia”, una delle due a essere stata teatro di violenze. Perché si chiama cella liscia? Perché è una cella priva di ogni cosa, priva di un letto, priva di una sedia, priva di ogni mobilio, priva di riscaldamento. Liscia come il palmo di una mano. Una cella di punizione.

È importante che l’Amministrazione Penitenziaria abbia lanciato un segnale forte contro l’uso di ogni violenza nei confronti di chi è in custodia delle istituzioni. Ciò di cui più abbiamo oggi bisogno è di una grande forza educativa contro l’idea che la violenza e l’arbitrio possano essere strumenti a disposizione delle forze dell’ordine.

Speriamo che la magistratura, nell’indagine che si è aperta sui fatti di Ivrea, sappia perseguire con fermezza ogni responsabile. Ci piacerebbe che anche la politica facesse la propria parte. Certo nessuna Corte potrà mai in Italia condannare per tortura, visto il reato inesistente. Il ministro Orlando pochi giorni fa è ritornato sul tema, promettendo che introdurrà il reato di tortura. Fino a oggi ogni tentativo è sempre naufragato.

L’Italia ha onorato il suo grande cantautore Domenico Modugno in tutti i modi, dal conferirgli per ben quattro volte la vittoria al Festival di Sanremo, record assoluto assieme a quello di Claudio Villa, al dedicargli una fiction su Rai Uno. In un modo però non lo ha ancora onorato. Approvando quella legge sulla tortura che Modugno, da parlamentare radicale, presentò in Senato il 19 febbraio del 1991 e che da allora è rimasta lettera morta.

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