di Federica Pistono *

La narrativa siriana dell’ultimo ventennio presenta spesso i caratteri di una testimonianza lucida e nitida sulla condizione vissuta dal popolo siriano nell’ultimo cinquantennio di storia del Paese, contrassegnato dalla dittatura degli al-Assad e, dal 2011 in poi, dalla guerra.

Se prima del 2000, gli scrittori siriani, come moltissimi intellettuali costretti a vivere sotto il tallone della dittatura, sfuggivano ai rigori della censura ambientando le storie in un altro tempo o in un altro luogo, dopo tale data la cultura siriana comincia a sfidare il regime focalizzando l’attenzione sulla condizione di un popolo privato per decenni della libertà, oppresso dalla corruzione dilagante, travolto infine da un conflitto sanguinosissimo.

Khaled Khalifa, nel suo romanzo Elogio dell’odio (Bompiani, 2011, trad. F. Prevedello) disseppellisce dall’oblio il violento conflitto, divampato agli inizi degli anni Ottanta, tra il regime e i Fratelli musulmani, scontro conclusosi con la devastazione di Aleppo e di Hama da parte dell’esercito, con l’uccisione e l’arresto di migliaia di cittadini.

L’autore descrive la condizione delle famiglie siriane, con i loro sentimenti, progetti e speranze, travolte dallo scontro, strette tra il fondamentalismo e un regime poliziesco e corrotto. Un’illustre famiglia aleppina, al centro della narrazione, vive nel ricordo dell’antico splendore, custodito da una zia. Ma la generazione più giovane è annientata dal conflitto, raccontato in prima persona dalla giovane protagonista, che assiste al crollo dei propri sogni, alla devastazione della città, alla decadenza della famiglia. La protagonista stessa, dopo aver scontato numerosi anni di carcere duro, esce annichilita dalla terribile esperienza e si trasferisce a Londra, portando con sé tutta la desolazione di Aleppo.

Un ritratto vivido della dittatura come malattia morale della società è rappresentato dal romanzo di Samar Yazbek Lo specchio del mio segreto (Castelvecchi, 2011, trad. E. Chiti). La dittatura è un cancro che corrode i sentimenti più intimi dei cittadini, come l’amore. Il protagonista, un alto ufficiale alawita vicino al presidente, vive una relazione amorosa con una nota attrice. L’uomo, però, tortura atrocemente il fratello della donna amata, oppositore politico, inducendolo al suicidio. L’amore tra i due protagonisti si dissolve, lasciando il posto all’odio e alla vendetta.  Attraverso continui flashback, il romanzo racconta una storia d’amore impossibile e perduta, che provoca l’ascesa e la caduta personale dei due protagonisti: la donna, attrice famosa, amante di uno degli ufficiali più temuti del regime, è imprigionata, torturata, segnata nel corpo e nello spirito da anni di carcere. L’uomo, rinchiuso alla morte del suo presidente in una fortezza nel suo villaggio d’origine, è prigioniero dei ricordi e dei sensi di colpa.

Il tema del carcere come specchio della dittatura è affrontato nel diario romanzato di Mustafa Khalifa La conchiglia (Castelvecchi, 2014, trad. F. Pistono), che narra la vicenda di un giovane arrestato con l’accusa di appartenere all’organizzazione dei Fratelli musulmani, un’accusa assurda e infondata, dal momento che il protagonista, di confessione cristiana, è, per giunta, ateo. L’opera racconta i tredici anni che il protagonista trascorre nel famigerato carcere di Tadmur, rinchiuso nell’ala riservata agli islamisti che, per disprezzo verso il suo ateismo, non gli rivolgono la parola, anzi tentano perfino di assassinarlo. Stretto tra l’odio dei compagni di prigionia e la violenza bestiale dei carcerieri, il protagonista costruisce intorno a sé un guscio, una “conchiglia”, da cui osservare l’atrocità che lo circonda. Quando finalmente esce di prigione, l’uomo è annichilito, privato per sempre della gioia di vivere e della capacità di provare sentimenti.

Il tema del conflitto siriano degli ultimi anni è trattato nel romanzo di Sumia Sukkar Il ragazzo di Aleppo che ha dipinto la guerra (Il Sirente, 2016, trad. B.Benini), in cui la tragedia della guerra è narrata attraverso gli occhi ingenui di Adam, un ragazzino affetto dalla sindrome di Asperger. L’adolescente, che ha perduto la madre, ama dipingere, seguito con affetto della sorella maggiore Yasmine. Ma, con l’arrivo della guerra, il suo mondo va in pezzi: non si può uscire perché le strade sono pericolose, mancano l’acqua e l’elettricità, le persone spariscono all’improvviso, le case crollano. Ogni capitolo è rappresentato da un colore diverso che esprime i sentimenti di Adam. Alcuni capitoli sono narrati da Yasmine, rapita, torturata e violentata da un gruppo di sconosciuti, come capita a molte donne in un paese in guerra. Il libro è un reportage dall’interno del conflitto, ma il suo valore aggiunto consiste nel fatto che la mostruosità degli eventi venga narrata dall’innocenza e dal candore di un ragazzino affetto da una sindrome simile all’autismo.

traduttrice di romanzi di letteratura araba

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