Emiliano Dall’Anese è a capo di progetto del valore di 4,4 milioni di dollari come ricercatore per il National Renewable Energy Laboratory. “Ora l’immigrato sono io”, racconta il 33enne di Belluno dal salotto della sua casa ad Arvada, sobborgo a nord ovest di Denver. A pochi chilometri, la dinamica e cosmopolita area metropolitana della capitale del Colorado, ma anche zone rurali “dove il tempo del Wild West sembra non essere mai passato”, le Montagne Rocciose e interminabili parchi naturali. Eppure non riescono a non mancargli un semplice aperitivo all’italiana o la sagra di San Martino di Belluno, il paese dove è nato. Perché Emiliano non è riuscito a restare in Italia nonostante una carriera universitaria brillante con dottorato in Ingegneria delle comunicazioni. Titoli conseguiti in una terra in cui terminare un dottorato non significa automaticamente riuscire a trovare lavoro.

“È la solita frase che dicono tutti e la gente si è stancata di sentire”, eppure Emiliano non può evitare di ripeterla. “In Italia non sembrano esserci opportunità buone per giovani che possiedono un dottorato in ingegneria e vogliono fare ricerca”. Se a questo si aggiunge che la ricerca, per essere fatta bene, ha bisogno di finanziamenti del governo, ecco spiegato perché la sua alta formazione l’ha portato negli Stati Uniti, dove ha ottenuto un contratto a tempo indeterminato a capo di un progetto sostenuto da 3,9 milioni di fondi governativi e 500mila di privati, alla guida di un team che comprende l’Università di Harvard, l’Istituto di tecnologia della California, l’Università del Minnesota e la compagnia di distribuzione elettrica Southern California Edison. “Se ci fossero fondi per la ricerca dal governo e se le aziende stesse investissero, l’Italia potrebbe diventare uno dei Paesi più all’avanguardia nel settore energetico”. Tanto che Emiliano spera che le aziende italiane possano, in futuro, utilizzare proprio le tecnologie che sta sviluppando col suo team in America. “Bisogna avere il coraggio di andare, si può fare del bene alla propria terra anche da lontano”.

“Se ci fossero fondi per la ricerca dal governo e se le aziende stesse investissero, l’Italia potrebbe diventare uno dei Paesi più all’avanguardia nel settore energetico”

Il progetto del 33enne vuole “rivoluzionare l’utilizzo delle reti elettriche per massimizzare l’impiego di fonti di energia rinnovabile e abbassare i livelli di Co2”. Un percorso che, per esempio, potrebbe permettere di installare fonti di energia rinnovabile su larga scala nonostante la variabilità delle condizioni meteorologiche. Il tutto, finanziato in gran parte dall’Advanced Research Projects Agency-Energy, un’agenzia governativa statunitense. “Quest’anno il governo americano ha stanziato più di 250 milioni di dollari solo nel settore delle reti elettriche. E una volta dati i fondi, il Dipartimento di Energia segue molto da vicino i progetti per evitare sprechi. In Italia, invece, mancano fondi di ricerca in molti settori”. Se a questo si aggiunge che nel Belpaese “il dottorato è solo un pezzo di carta che le aziende non valorizzano”, inevitabile per chi ha una carriera accademica andare oltre le Alpi. “Sono supportato da finanziamenti americani, è vero, ma sono italiano e ho ricevuto un’istruzione eccellente nella scuola superiore di Belluno e all’Università degli Studi di Padova. Per questo, vorrei trasferire in Italia quello che sto imparando e quello che sto facendo qui”. Peccato che le aziende italiane fino ad ora contattate da Emiliano, non abbiano neppure risposto alla sua mail.

Una moglie americana e un bimbo di due anni riempiono la vita del 33enne a Denver, ma anche un contratto sicuro che gli garantisce uno stipendio “molto più alto” rispetto a quelli degli istituti di ricerca italiani. Eppure alla domanda di un eventuale ritorno in Italia la sua risposta è “Vedremo. O meglio, speriamo”. Perché per Emiliano a perderci nel lasciare andare i propri talenti accademici è il paese intero. “Se tutti gli italiani tornassero in patria e avessero lavoro, strutture e finanziamenti governativi adeguati, l’Italia potrebbe essere tra le prime tre potenze mondiali in termini di eccellenza scientifica. Ci sono italiani bravissimi nel mondo”. Italiani che, come lui, hanno ricevuto una porta in faccia al proseguimento della carriera accademica nel Belpaese. “Faccio parte del gruppo di persone a cui è stato detto di non candidarmi a un concorso da ricercatore perché il vincitore era già stato scelto a priori. Ma non voglio dilungarmi, ormai è acqua passata”. Ora Emiliano vuole solo provare a dare una mano al suo paese, ma coi piedi ben piantati oltreoceano.

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