di Carblogger

Prima di Trump, Volkswagen ha patteggiato con la giustizia statunitense una multa da 4,3 miliardi di dollari riconoscendo di avere violato la legge con un software capace di truccare le emissioni di alcuni motori diesel.

Prima di Trump, Morgan Stanley, una delle principali banche d’affari americane, ha patteggiato con la giustizia di casa una multa di 864 milioni di dollari per il ruolo avuto nella crisi mondiale dei mutui inesigibili e titoli spazzatura del 2008. Nel 2015 aveva pagato altri 2,6 miliardi, Volkswagen nel giugno scorso altri 14,7.

Deutsche Bank ha chiuso in dicembre un altro patteggiamento con le autorità americane, sempre per i mutui subprime, di 7,2 miliardi, Crédit Suisse di 2,48 miliardi.

Tutti si sono dichiarati colpevoli in varia misura, ma almeno un paio di cose vanno dette.

La prima è che uno scandalo automobilistico ha ben altre dimensioni da quelle di un cataclisma finanziario con perdite per migliaia di miliardi di dollari e milioni di vite distrutte. Ci sono dunque responsabilità molto diverse, anche se a guardare l’entità dei patteggiamenti raggiunti in questi casi con finanza e industria dell’auto, non sembra. Morgan Stanley, per inciso, ha finito il quarto trimestre del 2016 con 1,7 miliardi di utile.

La seconda è che, pure prima di Trump, la giustizia Usa è sembrata – nei casi citati su questo post – meno equa nei confronti di aziende non Usa. Ricordo pure che la Gm ha pagato poco più di un miliardo di dollari per un difetto ai blocchetti di accensione di alcuni suoi modelli, difetto – e non deliberata violazione della legge – che ha causato però morti e feriti.

Prima di Trump, Fiat Chrysler è finita sotto inchiesta dell’Epa, l’agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente, e subito dopo del Dipartimento di giustizia (subentrato su Volkswagen invece in due mesi) per un software che altererebbe i dati sulle emissioni di alcuni motori diesel. Inchieste aperte, accusa rispedita al mittente, multa paventata in caso di riconoscimento di dolo di 4,6 miliardi di dollari. Essendo i modelli Fca coinvolti dall’inchiesta meno di un quinto di quelli del gruppo Volkswagen, la multa – in caso di colpa riconosciuta – potrebbe forse arrivare al miliardo. Che però sarebbe circa due terzi degli utili 2016 del gruppo guidato da Marchionne, il quale ha confermato gli obiettivi senza prevedere accantonamenti. Almeno per ora.

Prima di Trump, ormai è chiaro che banche straniere e Volkswagen si sono affrettate a chiudere un accordo con l’amministrazione Obama. Accettando intese onerose anche rispetto a quelle di analoghe aziende americane, ma in un contesto di sostanziale certezza politica e di diritto.

Dopo Trump, nella sua “America first”, isolazionista, con una visione della competizione mondiale in cui gli altri paesi sono considerati soltanto rivali economici se non faranno qualcosa per gli Stati Uniti, è lecito interrogarsi su come sarebbero potuti andare a finire casi (indifendibili) come Deutsche Bank e Volkswagen. O, da un altro verso, Morgan Stanley.

Quale sarà da oggi il comportamento della giustizia Usa nei confronti di aziende non americane che nei prossimi quattro anni dovessero essere accusate di aver violato la legge federale, è la nuova domanda. Più che mai lecita, in democrazia.

@carblogger_it

TRUMP POWER

di Furio Colombo 12€ Acquista
Articolo Precedente

Serie A, otto luoghi comuni sulla prima parte del campionato

next
Articolo Successivo

Uber, boicottata, scarica Trump. E Tesla e Fca cosa ne pensano?

next