“L’inizio di questa svolta – continua Strazzari – va cercato nell’accentuazione dei tratti sultanistici della politica del presidente”. Politica che prevede riforme per l’accentramento del potere e una svolta presidenziale che potrebbe prolungare la permanenza di Erdoğan alla guida del Paese fino al 2029. “Ma l’ascesa del partito Hdp (Partito Democratico dei Popoli) – continua il professore – ha segnato l’entrata definitiva dei filo-curdi in Parlamento, impedendo al Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (Akp) di ottenere la larga maggioranza necessaria a portare avanti le riforme. In mezzo, le proteste di Gezi Park del 2013, nate come opposizione agli accordi tra il governo e i palazzinari di Istanbul e contro il processo di islamizzazione avviato dal presidente”. Opposizioni e proteste che, negli ultimi tre anni, sono state represse con il pugno duro. “Erdoğan ha esasperato la divisione tra laicismo e conservatorismo islamico – dice Strazzari – e oggi siamo alla resa dei conti”.

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