Le opinioni contrastanti del direttore de Il Fatto Quotidiano Marco Travaglio, il sindaco di Pesaro Matteo Ricci (Pd) e il filosofo Paolo Becchi hanno caratterizzato la puntata di “Otto e mezzo” su La7. Tema del contendere: la sentenza da parte del tribunale di Roma sul codice di comportamento del M5S. “Non so se è legittimo, ma ritengo democraticamente assurdo quel contratto in cui si paghi una penale economica, significa ricattare l’appartenenza a un partito”, dice Ricci. Che aggiunge: “Ritengo la sentenza incostituzionale e democraticamente pericolosa“. “Se uno firma liberamente un contratto poi è chiaro che lo debba rispettare”, ribatte Travaglio secondo cui “i partiti sono delle associazioni private come le bocciofile, in cui non esiste giuridicamente una legge che regolamenti il comportamento senza darsi regole. Se un partito – aggiunge Travaglio – ha delle regole e poi uno non vuole rispettarle, ha sbagliato posto”. Critica la versione del professor Becchi il quale rileva la differenza tra il codice etico e quello giuridico, ritenendo “il contratto di adesione al M5s – che comporta l’espulsione per un avviso di garanzia – carta straccia. Poi si sono accorti che potrebbe arrivare alla Raggi e questo codice non vale più. Travaglio dove è la coerenza?”. Immediata la replica del direttore del Fatto: “Nessuno è stato espulso dal M5S per un avviso di garanzia. Non è vero che prima c’era un automatismo, anche perché se vengo denunciato da un mio avversario si va incontro all’obbligatorietà dell’azione penale, venendo cacciato senza poter dimostrare che quelle sono calunnie. Se le regole fossero così i Cinque stelle non avrebbero amministratori. In questo caso meglio valutare”.

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