Dopo le polemiche dell’anno scorso per non aver portato alle Olimpiadi di Rio la campionessa d’Italia in carica Nikoleta Stefanova, i guai per la Federazione italiana del tennis tavolo non sono finiti. E se allora la cosa si è risolta in un pugno di polemiche, questa volta la vicenda potrebbe finire nelle aule del tribunale. La Procura di Roma sta infatti indagando sulla Fitet: nel mirino degli inquirenti ci sono le storie di presunto mobbing e del licenziamento di un ingegnere, avvenuto a settembre 2016, con modalità quantomeno curiose. Il tutto intrecciato a comportamenti poco chiari dell’Inps, che ha stranamente modificato “d’ufficio” una decisione già presa e già modificata in autotutela, rendendo possibile il licenziamento. Fatti che sono confluiti in due esposti, di cui ilfattoquotidiano.it è venuto a conoscenza. Presentati da Enrico Cirincione, ingegnere romano di 47 anni ed ex dipendente Fitet, ai carabinieri dell’ispettorato del lavoro di Roma per denunciare la vicenda a giugno 2016 e all’inizio di gennaio 2017, accompagnati da due conversazioni telefoniche registrate tra l’uomo e i vertici della Federazione. Esposti preceduti, la primavera scorsa, da una querela per mobbing contro l’allora presidente Franco Sciannimanico. Il quale rispedisce al mittente le accuse: “Non mi occupo del personale”, dice.

La frase più forte della denuncia la pronuncia, invece, l’allora vicepresidente Fitet Leonardo Scardigno al telefono con Cirincione,  in una conversazione registrata a luglio scorso e depositata ai Carabinieri (e che ilfattoquotidiano.it ha potuto ascoltare. “Fin quando tu dai sei bravo, poi dopo puoi andare dove cazzo vuoi”, sostiene il numero due della casa italiana del ping pong riferendosi all’organizzazione. Nella telefonata, Cirincione racconta al superiore la situazione difficile che si è trovato a vivere con Sciannimanico, facendo riferimento a presunti ricatti: “Lui ha iniziato a chiedere a me, che sono un dipendente, la sponsorizzazione e non doveva farlo. E’ un ricatto. Noi non abbiamo mai dato niente a nessuno e queste cose sono illegali, non si può fare. Perché poi che faccio? Pago per andare a lavorare?”. Scardigno spiega: ““Lui pensava che era un rapporto di sponsorizzazione continuo, che non si doveva interrompere stando a lui. Per lui doveva essere una cosa continuativa a vita, perlomeno fino a quando stava lui in Federazione”. E quando l’interlocutore gli chiede se anche a lui sono arrivate richieste del genere ammette: “Mi sono scoglionato anch’io. Lui queste cose le fa, le ha sempre fatte. Tutto a lui, tutto a casa. Capito qual è il discorso?”.

Non sarebbero le uniche pressioni ricevute da Cirincione, giocatore di tennistavolo da 30 anni, assunto dalla Fitet nel 2008 per occuparsi del sito web e di attività promozionali. Nella querela per mobbing presentata contro Sciannimanico, presidente della federazione per 12 anni fino all’ottobre scorso, l’ingegnere romano parla, tra le altre cose, del demansionamento subito nel 2014, quando, al rientro da un periodo di aspettativa di quattro anni, si vede declassato ad addetto alla scansione di documenti, passando di fatto dalla categoria contrattuale B1 alla A, quella inferiore. Un altro aspetto sollevato nella denuncia riguarda le diverse visite fiscali inviate dalla Fitet a Cirincione tra agosto e ottobre 2015, quando si trova a casa per una “sindrome ansiosa depressiva di livello grave-medio riconducibile ad aspra e prolungata conflittualità con il proprio datore di lavoro”. Per problemi di salute di questo tipo non è richiesta la presenza a casa, perché per stare meglio bisogna fare attività ricreative, ma la Fitet manda lo stesso le visite fiscali e poi “punisce” il dipendente per l’assenza con tre sospensioni dal lavoro. E proprio da qui parte l’altra anomalia denunciata da Cirincione nei suoi due esposti. Con l’Inps che prima contesta, poi giustifica e infine torna stranamente sui suoi passi motivando la decisione con irregolarità nell’invio dei certificati medici.

In due casi, infatti, l’Inps contesta all’ingegnere l’assenza dall’abitazione ad agosto 2015, salvo poi cambiare idea quando lui invia la documentazione che certifica la depressione che lo ha colpito. Anche la terza assenza, a ottobre 2015, viene giustificata. Nel frattempo, però, la Fitet va avanti per la sua strada e infligge al dipendente tre sanzioni disciplinari: la sospensione dura in totale per oltre quattro mesi, tra l’autunno 2015 e l’inverno 2016.  Ma la vera sorpresa arriva a maggio scorso, quando l’Inps torna sui suoi passi: annulla le giustificazioni date all’ingegnere romano sulla base dei certificati medici da lui inviati e in prima battuta accettati. Non solo: l’Inps comunica la decisione solo alla Fitet e non al diretto interessato, che ne viene a conoscenza proprio dalla Federazione stessa. Il motivo? Il “lavoratore non ha adempiuto all’onere di presentare allo scrivente Istituto le certificazioni di malattia nei tempi e modi previsti dalla legge”, “a nulla valendo la trasmissione a mezzo telefax”, scrive il funzionario Inps Francesco Quaranta all’avvocato di Cirincione. Su questa base, a settembre scorso, due settimane prima della fine del suo mandato il presidente Fitet, Franco Sciannimanico firma la lettera di licenziamento dell’ingegnere.

Ma perché l’Istituto di previdenza cambia idea così all’improvviso? Quaranta scrive al legale di Cirincione che “il riesame del fascicolo in questione è avvenuto d’ufficio”, ma da una conversazione telefonica di novembre scorso, questa volta tra Enrico Cirincione e Raffaele Curcio, consigliere Fitet fino a poche settimane prima, depositata ai Carabinieri di Roma e che ilfattoquoidiano.it ha potuto ascoltare, emergono altri particolari. Nella telefonata, Curcio fa riferimento a un intervento diretto del segretario Fitet Giuseppe Marino presso l’Inps: “Lui aveva detto che avrebbe contattato l’Inps: ‘Vedrai che dicendogli altre cose farò cambiare la decisione’. L’aveva girata che con il suo intervento sarebbe riuscito a cambiare la situazione. E dopo era venuto tutto contento: ‘Avete visto, che era come dicevo io’”.

Contattato da ilfattoquotidiano.it, Franco Sciannimanico, che in qualità di presidente Fitet ha avuto, come recita lo statuto, “la responsabilità generale del buon andamento della Federazione” e “la rappresentanza legale della Federazione nei confronti dei terzi”, nega ogni addebito. Respinge le accuse di mobbing: “Il presidente non vive a Roma e non è responsabile del personale. In otto anni avrò visto Cirincione cinque volte, non so come posso aver influito su tutto quello che lui dice. Non c’è stato un demansionamento, perché anche se è ingegnere è stato assunto come impiegato”. E riguardo invece al licenziamento, spiega: “Non ho seguito nei dettagli il procedimento, il capo del personale è il segretario generale Giuseppe Marino, che prima di fare qualsiasi passo si confronta con la direzione generale del Coni. A quel punto, quanto un documento arriva sulla mia scrivania io sono sereno nel firmarlo. L’Inps ha rivisto tutto perché non corrispondevano le date e i fatti”. E sulle presunte richieste di sponsorizzazioni, l’ex presidente nega: “Ci mancherebbe altro se io vado a chiedere le sponsorizzazioni al personale! Altra cosa è se uno dice che ha delle persone disponibili a sponsorizzare. In questi casi ho sempre risposto: portale pure. C’è una percentuale per chi porta lo sponsor, come facciamo con le agenzie”.

 

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