di Fabiano Schivardi

L’Epa ha accusato Fca di aver truccato i controlli sulle emissioni di migliaia di veicoli. Se vero, la multa potrebbe arrivare a 4,6 miliardi di dollari. Un quarto del valore di mercato di Fca. Che potrebbe non mantenere la promessa di nuovi posti di lavoro negli Usa. Da vedere se Trump lo permetterà.

Le accuse dell’Epa (Agenzia di protezione dell’ambiente) a Fca (Fiat Chrysler automobiles) sono pesanti: software su 104mila veicoli diesel per alterare il funzionamento dei sistemi di controllo delle emissioni. Tutte le automobili moderne utilizzano l’elettronica per ottimizzare la performance dei motori. Non è quindi semplice riuscire a dire se una casa automobilistica ha “truccato” le emissioni. Nel caso Volkswagen, l’azienda è stata accusata specificamente di aver montato un software che riduce le emissioni nelle condizioni tipiche in cui vengono testate. Dunque, in questo caso non ci sono dubbi che ci sia dolo. Ma esiste un’ampia zona d’ombra nella quale è più difficile stabilire se l’elettronica serve per migliorare le prestazioni del motore o piuttosto per aggirare i test sulle emissioni. La domanda da porsi è quindi se Fca abbia tentato deliberatamente di aggirare i controlli, violando gli standard di legge, o se operi nell’ambito discutibile, ma non ovviamente fraudolento di ottimizzazione della performance dei motori.

Un conto salato

Il documento di sette pagine dell’Epa è molto duro e circostanziato. Pur usando sempre il condizionale, avanza chiaramente la tesi che siamo di fronte a un tentativo di frode. Un passaggio è particolarmente significativo: “Alcuni di questi strumenti ausiliari di controllo delle emissioni sembrano causare una diversa performance del veicolo quando testato per il rispetto degli standard di emissione … rispetto alle normali operazioni e utilizzo”.  Si sospetta quindi lo stesso comportamento della Volkswagen e la multa potrebbe arrivare a un massimo di 4,6 miliardi di dollari. Una somma pari a circa un quarto del valore di mercato di Fca prima della diffusione della notizia. La cifra è sopportabile, ma rappresenterebbe un colpo tremendo alle ambizioni future dell’impresa.

Fca da parte sua nega ogni comportamento contrario ai regolamenti. Nonostante questo, in borsa la casa automobilistica ha perso quasi il venti percento del suo valore, pari a quasi 3 miliardi di euro. A riprova che il mercato crede più all’accusa che alla difesa. Ma la reazione potrebbe essere esagerata, per vari motivi.
In primo luogo, dopo lo scandalo Volkswagen di settembre 2015, era ovvio che i controlli sarebbero diventati più severi. Alcuni dei modelli sotto accusa sono stati venduti nel 2016. Pensare di farla franca con comportamenti fraudolenti sarebbe stupido, e Marchionne, che ha fatto esattamente questo punto, stupido non è. Probabile quindi che le contestazioni dell’Epa si collochino nella zona d’ombra di cui sopra. E da questo punto di vista ci sono un paio di sviluppi politici che potrebbero aiutare Fca.

Ma Trump non può permetterselo

In primo luogo, Trump ha scelto come nuovo presidente dell’Epa Scott Pruitt, un procuratore generale noto soprattutto per le sue posizioni critiche sulla “sovraregolamentazione” imposta dall’Agenzia alle imprese. Se il Congresso e il Senato confermeranno la sua nomina, Fca troverà un interlocutore decisamente più sensibile alle istanze delle aziende. E mentre sarebbe difficile anche per Pruitt non perseguire un atteggiamento deliberatamente fraudolento, i margini di trattativa si aprirebbero se Fca riuscisse a dimostrare l’infondatezza di questa tesi e si passasse quindi a discutere dell’adeguatezza del software per il controllo delle emissioni. Inoltre, è di tre giorni fa l’annuncio di Fca di investimenti e nuovi posti lavoro negli Stati Uniti. Tempismo perfetto per l’ad dell’azienda, che ha subito stabilito un canale di comunicazione privilegiato con la nuova amministrazione, come aveva anche con la precedente. Trump ha ringraziato, subito ricambiato. Il presidente eletto ha bisogno di sostenere fin da subito l’immagine di creatore di posti di lavoro. E la promessa fatta da Marchionne di investire un miliardo di dollari sarebbe chiaramente a rischio con una multa quattro volte più grande. Difficile quindi pensare che l’accoppiata Pruitt-Trump non lavori per ridurre questo rischio.

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