E veniamo all’Italia. Il 9 gennaio gli anni trascorsi da quando si sarebbe dovuto introdurre nel codice penale il reato di tortura saranno arrivati a 28, ben più di 10.000 giorni.

Il conto di questo vergognoso ritardo inizia infatti il 9 gennaio 1989, data della pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della legge di ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura. Una Convenzione sollecitamente firmata e tutto sommato abbastanza celermente ratificata dall’Italia, che obbliga gli stati che hanno volontariamente deciso di rispettarla a introdurre nella normativa interna il reato di tortura, così come descritto nel testo dell’Onu.

Perché quasi un trentennio di inadempienza agli obblighi internazionali?

Le ragioni addotte dai contrari alla legge sono varie: alcune infondate, altre pretestuose o persino ridicole. In alcuni casi, l’intento dei promotori di modifiche è stato palesemente quello, nel corso delle varie legislature, di costringere a ritirare il testo dalla discussione parlamentare. Come nel caso del famoso emendamento della tortura “reiterata”, secondo il quale una sigaretta spenta sul corpo di un prigioniero non sarebbe stato da considerare tortura, ma due sì.

Del reato di tortura, dicono i contrari, non vi sarebbe bisogno perché la tortura in Italia non c’è o perché il codice penale prevede già fattispecie di reato equivalenti. L’introduzione del reato di tortura, poi, bloccherebbe l’azione della magistratura o manderebbe all’opinione pubblica il pericoloso segnale che “la polizia tortura”.

Un sommario esame delle violazioni dei diritti umani accadute in Italia dai giorni di Genova del 2001 smentisce la prima affermazione: casi di tortura si sono verificati, come riconosciuto dalla Corte europea dei diritti umani e come scritto in sentenze penali e civili italiane nelle quali si lamenta l’assenza della norma applicabile per sanzionare atti di tortura. Quei casi si sono verificati anche per la mancanza della funzione di prevenzione che il reato di tortura avrebbe contenuto e, sempre per quell’assenza, non sono stati adeguatamente puniti. O semplicemente non sono stati puniti.

La tortura, nel diritto internazionale, è considerata un reato di una gravità assoluta e specifica. La tortura è tortura, non si può chiamarla lesioni, abuso, violenza privata. Anche perché per questa seconda categoria di reati scatta la prescrizione, per la tortura no. E nei paesi europei in cui è in vigore il reato di tortura, nessuno si è lamentato del fatto che questa norma abbia bloccato le indagini.

Infine, è fondamentale uscire da un equivoco dalla dubbia buona fede: il reato farebbe ricadere addosso a un intero corpo lo stigma della tortura. Non è così. Al contrario, proprio isolando e punendo in modo adeguato rispetto alla gravità dell’azione commessa i singoli funzionari di stato responsabili della tortura, il reato ristabilirebbe la reputazione di quella gran parte di agenti di polizia, carabinieri o altro personale che svolge il suo lavoro nel rispetto della legge e della dignità e dei diritti delle persone.

Quanto tempo dovrà ancora passare prima che si ponga rimedio a questa vergogna?

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