In un altro Burger King, quello di Rezzato, nel bresciano, ha lavorato Giuseppe. Che ha 32 anni e vive con i suoi genitori. “Fortunatamente non ho ancora una famiglia mia”. Fortunatamente? “Be’ sì: altrimenti come la sosterrei economicamente?”. Dopo il diploma, Giuseppe ha cominciato subito a lavorare. “Sempre occupazioni poco stabili: ma almeno non sono mai rimasto a casa troppo a lungo”. E proprio per porre fine in fretta a uno di quei periodi di disoccupazione, nel giugno scorso decide di consegnare il suo curriculum a Burger King. “Mi hanno tenuto in prova per un mese. Poi, come unica prospettiva, quella del lavoro a voucher”. Anche nel suo caso, il miraggio lasciato intravedere era quello di una maggiore stabilità: “Mi avevano promesso un’assunzione definitiva. E chi lo ha mai visto, in 32 anni, un contratto a tempo indeterminato?”. Insomma accetta, ma come funzionino effettivamente i voucher lo scopre solo dopo i primi giorni. “Decisi di informarmi bene, perché da quello che avevo sentito si trattava di una forma di lavoro puramente occasionale. Ma ero rimasto indietro. E infatti a noi settimana per settimana venivano assegnati i turni. Dei turni veri e propri: come mi era capitato quando lavoravo a contratto”. Decide di andare avanti, in ogni caso. “Il lavoro è comunque oro: per cui mandi giù il boccone amaro. Quando ti servono i soldi, mandi giù tutto”.

Al termine del periodo di lavoro previsto con i voucher, della prospettiva di un’assunzione non è rimasta traccia. “E non solo. La cosa assurda fu che quando andai a controllare la quota che mi era stata accreditata, mi accorsi che il conteggio era sballato. Mancavano almeno 20 ore, che io avevo coperto ma che non mi erano state retribuite”. Un breve consulto coi suoi ex colleghi, e subito Giuseppe scopre di non essere l’unico ad aver ricevuto un simile trattamento. “La differenza fu che alcuni di noi cercarono di trattare direttamente con l’azienda, altri si rivolsero subito al sindacato. E guarda caso, questi ultimi furono improvvisamente assunti a tempo indeterminato, forse per convincerli a tacere ed evitare che le loro proteste facessero troppo rumore. Gli altri, invece, me compreso, non hanno ottenuto ancora nulla. Io aspetto ancora un mese, poi vado per vie legali“.

IL DISOBBEDIENTE

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