Al rientro dalle vacanze come ogni anno in classe appenderò il calendario del 2017. Nulla di strano, direte voi. In tanti lo faranno. Ma il “nostro” calendario sarà un po’ diverso perché non segnerà solo le feste dei cristiani ma anche quelle di Fatima, di Li, di Kajal, di Marco che è buddista e di Sarah che ha la mamma ebrea.
E quando parleremo di Natale lo faremo andando a scoprire sul nostro almanacco che per Dragomir, arrivato dal Kosovo, la festa è il 7 gennaio, un giorno solenne anche per Sarah.
E sarà strano ma interessante capire che Fatima festeggia due volte capodanno: lo fa con noi il 31 dicembre e il 22 settembre prossimo, giorno dell’inizio del nuovo anno islamico.

Addio, quindi, ai calendari offerti alle scuole da banche e centri commerciali: quelli appendiamoli nello sgabuzzino. In classe ogni oggetto, immagine appesa deve avere un significato, un valore, deve essere “riconoscibile”, appartenere alla comunità. E allora diamo valore anche all’almanacco. Nelle nostre aule abbiamo bisogno del calendario interculturale capace di fare gli auguri a tutti, senza paura.

Io maestro sono il primo a non averne perché “il solo vaccino contro ignoranza, violenza e odio – come scrive Della Passarelli nella presentazione di questo calendario realizzato dalla Sinnos con il Tavolo interreligioso di Roma, l’Unione induista, il Cospe, il centro Zen Arco – è la conoscenza“.

Di fronte alle notizie di quest’ultimi giorni chi fa scuola ha un compito urgente: andare oltre le semplificazioni. I nostri bambini ascoltano parole che sedimentano nelle loro teste, che tornano e ritornano nei dialoghi, nei loro disegni, nelle loro paure. Chi insegna ha il dovere di andare oltre, di costruire una società capace di accogliere a partire dall’incontrarsi.
E il primo incontro avviene tra i banchi dove ogni maestro ha il dovere di testimoniare e praticare attraverso il proprio lavoro la possibilità di una convivenza, di un incontro, di una conoscenza reciproca utile a tutti.

Non aspettiamoci che tutte le scuole traducano il patto educativo in arabo o in cinese, in albanese o in rumeno. Ancora è lunga la strada per arrivare a un reale coinvolgimento dei genitori negli organi collegiali: ci vorranno anni prima di vedere la mamma di Fatima nel consiglio d’istituto della scuola soprattutto nelle tante piccole realtà della nostra Italia.

Il primo passo tocca a noi maestri e professori. In tanti l’hanno già fatto: da chi ha organizzato feste con i cibi di tutti, a chi ha invitato mamme in classe a raccontare fiabe marocchine.
Non ci resta che continuare su questa strada: quella che mostra l’ “umano”, quella che ci permette di non far tornare a casa i nostri ragazzi a dire “è arrivato in classe uno straniero” ma “è arrivato Li, lui non festeggia Natale ma il 28 di gennaio per la sua famiglia è il capodanno cinese. Quest’anno sarà l’anno del Gallo”.

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