Questa mattina, prendendo la metropolitana per andare a lavorare, la presenza dei due militari in mimetica all’ingresso della stazione m’ha colpito, come se fosse la prima volta che li vedevo. Ho notato che erano due ragazzi particolarmente alti e robusti e pure sorridenti; e che avevano la divisa perfettamente ben curata, come se fossero appena montati. Ma ho soprattutto rimarcato che c’erano, con un misto di preoccupazione e rassicurazione.

La minaccia terroristica, preferiamo tenerla in un cantuccio della memoria, quasi dimenticarla, ignorandone anche i segnali esteriori più evidenti – i militari nelle nostre città, a Roma come a Parigi e altrove -. Salvo poi tirarne fuori di colpo la consapevolezza, con tutto il suo corredo di ansia e paura.

A ogni attacco, reagiamo come se fossimo presi di sorpresa, come se non ce l’aspettassimo. In realtà, sappiamo sempre che può succedere, ma – man mano che la memoria dell’ultima strage s’appanna – cominciamo a sperare prima e a illuderci poi che non succeda più, che sia stata l’ultima volta, che le teste dell’Idra del terrore siano state mozzate tutte e cento.

Eppure, i presupposti per una recrudescenza del terrorismo c’erano tutti: in Medio Oriente, la situazione ad Aleppo e l’andamento del conflitto in Siria e in Iraq – quando il sedicente Stato islamico arretra sul terreno, cerca spesso di colpire altrove -; in Europa, la prossimità del Natale, che da una parte abbassa, istintivamente, i nostri livelli di guardia individuali e, dall’altra, può esacerbare sentimenti anti-cristiani; e tutto ciò senza addentrarci nel ginepraio turco, dove i possibili moventi e i potenziali sospetti sono sempre più d’uno, gli integralisti, i curdi, l’opposizione militare e laica al regime islamista che rinnega la tradizione d’Ataturk.

Non c’è difesa da una minaccia che può colpire ovunque e chiunque, senza preavviso e con gesti anche individuali. La linea del terrore va ora da Ankara a Berlino. Ma la domenica era stata rosso sangue ad Aden nello Yemen e al castello di Karak, in Giordania, un residuo delle Crociate. L’Idra è sempre viva. Ed i tweet del presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump, che sono denunce all’Islam senza distinguo, minacciano, in prospettiva, di nutrirla di nuovo odio.

Articolo Precedente

Turchia, sette persone fermate per omicidio ambasciatore russo: “Sei sono familiari del killer”

next
Articolo Successivo

Berlino, parlano i testimoni della strage: “Il tir mi è passato a tre metri”

next