Le famiglie italiane sempre più spesso sono costrette a spendere soldi di tasca propria per la salute. Lo devono fare perché il Servizio sanitario nazionale non copre più tutte le necessità. La tendenza, ben nota, è confermata dai dati contenuti nel rapporto del consorzio Crea dell’università di Tor Vergata. L’Italia infatti spende per la sanità circa un terzo in meno rispetto ai paesi dell’Europa occidentale: in termini assoluti il divario è del 32,5% per quanto riguarda la spesa totale e del 36% per la sola parte pubblica. La conseguenza è che il 5% delle famiglie dichiara di dover rinunciare a qualche farmaco, terapia o test diagnostico. “È chiaro che gli italiani ormai devono metterci del loro per soddisfare i bisogni di salute”, sottolinea Federico Spandonaro, curatore del rapporto. Che aggiunge: “Il sistema può ancora definirsi universale, ma il ‘tutto a tutti’ è finito da tempo”.

Mentre in rapporto al pil la Penisola spende in sanità appena il 9,4%, contro una media nell’Europa Occidentale del 10,4%, il rapporto del consorzio Crea certifica un continuo aumento della spesa privata, che deve supplire alle carenze dello Stato. Ormai la spesa privata è circa un quarto del totale e ha raggiunto i 39 miliardi di euro nel 2014, con il 77% delle famiglie che ha dichiarato di aver avuto almeno una spesa legata alla salute. “Sono più di 316mila i nuclei familiari che si sono impoveriti per spese sanitarie – si legge nel rapporto – si tratta soprattutto di famiglie residenti nel Mezzogiorno (2,7%). Calabria, Sicilia e Abruzzo sono le Regioni più colpite”. Quasi 800mila sono invece le famiglie soggette a spese sanitarie che risultano “catastrofiche”, mentre 280mila sono considerate ad alto rischio di impoverimento per queste spese.

Complessivamente quindi, denuncia il documento, oltre 1,4 milioni di famiglie in Italia soffrono di disagi dovuti alle spese sanitarie o sono ad alto rischio di impoverimento. Una situazione destinata a non migliorare. Come specifica il curatore Spandonaro, le differenze con gli altri Paesi rimangono anche tenendo conto dei due miliardi in più per il Fondo sanitario nazionale previsti dalla legge di Bilancio. Il professore sottolinea come “questi fondi erano previsti da anni” e se non ci fossero nemmeno quelli “il differenziale di spesa con gli altri paesi sarebbe drammatico“. Comunque, aggiunge Spandonaro, “non risolvono il problema, anche perché solo per l’aumento dei contratti e i nuovi farmaci le risorse sono già allocate”.

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