“Cari abitanti di al-Bab, non lasciate che l’organizzazione terroristica di Daesh vi usi per i suoi obiettivi. (…) La Repubblica di Turchia si batte per portare sicurezza e pace nella vostra terra. Aiutateci. Fin quando non avremo liberato i vostri territori da questi traditori, portate i vostri cari in luoghi più sicuri al più presto possibile”. E’ scritto in arabo sui volantini che aerei turchi hanno lanciato sulla città di al Bab, a 30 km di distanza da Aleppo. Mentre i riflettori sono puntati sull’offensiva delle forze fedeli a Aleppo, appoggiate dai raid russi, su quella che era la capitale economica della Siria, Ankara media tra il regime e i ribelli favorendo il raggiungimento dell’accordo sull’evacuazione della zona est e punta a estendere la propria influenza sulla cittadina di al Bab, ancora sotto il controllo dell’Isis.

“Il periodo brutto è passato, è alle spalle”, aveva detto una settima fa il premier turco Binali Yildirim, in visita ufficiale a Mosca, per stringere accordi di cooperazione economica fra i due Paesi. Una visita, quella del primo ministro, che seguiva l’incontro al Cremlino, il 9 agosto scorso, in cui la stretta di mano fra Erdogan e Putin sancì la fine delle tensioni – arrivate al punto più basso il 24 novembre 2015, dopo l’abbattimento di un jet russo da parte delle forze di Ankara. Anche se ufficialmente rimangono su fronti opposti nella crisi siriana, da quella stretta di mano la cooperazione russo-turca in Siria è aumentata. Il 22 agosto, secondo il quotidiano libanese al Safir, vicino al governo di Assad, Hakan Fidan, capo dei servizi segreti turchi, ha compiuto una visita a Damasco per discutere con i suoi omologhi “gli sviluppi nel nord della Siria“. Una visita in cui, secondo diversi analisti, si sarebbero definiti i piani di intervento – cominciato pochi giorni dopo – dell’esercito turco contro i curdi dell’Ypg, braccio armato del Pkk in Siria, e le “Forze democratiche siriane”, coalizione di forze sostenuta da Washington e predominata dai curdi dell’Ypg. In cambio Erdogan avrebbe favorito Assad nella riconquista di Aleppo, agendo sul piano politico locale con quelle forze d’opposizione che aveva sostenuto in precedenza.

Tesi che trova conferma nelle ultime dichiarazioni di Yildirim. “Stiamo facendo tutto il possibile per far entrare in contatto i rappresentanti dell’opposizione e quelli della Russia, e a questo proposito siamo a buon punto”, ha detto il premier turco all’agenzia stampa russa Interfax il 7 dicembre. Aggiungendo che “se un qualsiasi accordo raggiunto venisse tradotto in un documento firmato dalle parti, allora potrebbe andare a beneficio di tutti”. Un vantaggio che per il governo di Damasco significherebbe la riconquista dell’ultima grande metropoli in mano all’opposizione e per la Turchia la certezza di poter continuare la sua opera di consolidamento della sua posizione nel nord del paese: Aleppo per al Bab, così potrebbe essere riassunto l’accordo.

“Quando è cominciata l’operazione scudo dell’Eufrate (che vede impegnati di fianco a Ankara alcuni gruppi armati d’opposizione siriani) il 24 agosto scorso – scrive l’analista siriano-curdo Kurshyd Dali, sulle pagine del quotidiano panarabo al Araby el Jadid – la Turchia ha puntato ad arrivare ad al Bab e, successivamente, a Manbij, per prepararsi all’offensiva su Raqqa“. Secondo l’analista, la battaglia di al Bab ha diverse valenze strategiche: “La prima è che separerebbe di fatto i cantoni curdi siriani, dividendo quello di Kobane (Ayn al Arab, in arabo) al cantone di Afrin; infine, si completerebbe la costituzione di quella che la Turchia ha chiamato zona di sicurezza cuscinetto“. Ma, prosegue Dali su al Araby el Jadid, “ci sono molte questioni sollevate intorno alla sorte della battaglia: la Turchia si fermerà al punto dove è arrivata o completerà il suo disegno?”. Per l’analista, bisogna continuare a “mettere sotto attenzione le convergenza in atto sull’asse Mosca-Ankara”, come l’atteggiamento conciliante turco ad Aleppo che piace ai russi e che fornisce il nulla osta ai turchi per il loro ingresso ad al Bab.

Quello che pare chiaro è che l’offensiva che inizierà presto sulla città di al Bab fa parte di un’operazione che rimane confinata nella strategia a breve termine turca, finalizzata a eliminare la minaccia posta dallo Stato Islamico e dai militanti curdi siriani al confine. La battaglia non sarà “legata a quello che sta succedendo ad Aleppo e non è collegata a un cambio di regime in Siria”, ha detto il premier Yildirim. “Senza dubbio – ha concluso il premier – il destino di molti gruppi etnici presenti in Siria è molto più importante rispetto al destino di una persona in particolare, Bashar al-Assad“.

Articolo Precedente

Aleppo, c’è l’accordo per l’evacuazione di ribelli e civili. Russia: “Battaglia finita”. Onu: “Strage di bambini, è carneficina”

next
Articolo Successivo

Aleppo, il genocidio che l’Occidente ha tollerato e permesso

next