Free State of Jones, nelle sale da fine novembre, è il film meno natalizio che si possa immaginare. È una specie di western politico ambientato ai tempi della Guerra di secessione americana: un film epico e melodrammatico, trascinante e un po’ “fascista”. Più Sergio Leone che Clint Eastwood, per intenderci: e stiamo parlando di grandissimi. Dunque, non andatelo a vedere e soprattutto non portateci i vostri figli: potrebbero appassionarsi al genere e cominciare ad addestrarsi alla guerriglia sin dall’asilo. Ma voi stessi, adulti e vaccinati, se proprio volete vederlo andateci di nascosto da vostra moglie, come ho fatto io, con pochi fidati compagni di bisbocce. A lei, per rassicurarla, dite che andate a vedere un porno-soft o una commediola allegra sceneggiata da Michele Serra e Giuliano Pisapia, con ospitata preliminare da Fazio.

Esagero, naturalmente. La verità è che, come dice mia moglie, sono rimasto un po’ alterato dai risultati dal referendum: ma non preoccupatevi, nulla che un normale psicofarmaco non possa guarire. Questo spiega perché, in un filmone così, costato venti milioni di dollari, fra scene di guerra e ipnotiche paludi, io non riesco a non vedere inquietanti riferimenti al dopo-referendum. Nella storia (vera) dei disertori sudisti e degli schiavi fuggiaschi che si ribellano ai piantatori di cotone e fondano a Jones (Mississipi) il primo Stato multietnico della storia, ci vedo addirittura la rivolta del 99 per cento di poveri contro l’1 per cento di ricchi. Rivolta che mi preoccupa un po’: infatti, dopo sei mesi di trattative con le Poste, ho ereditato da mio padre ben undicimila euro.

E non parliamo dello schiavo ribelle Moses, citazione da Esodo e rivoluzione, il libro di Michael Walzer sulle origini bibliche di tutti i movimenti rivoluzionari. Parliamo del protagonista, Newton Knight (cavaliere, in inglese): che, come gli rimprovera la moglie, “combatte le guerre degli altri al loro posto”. Sicché s’inventa tutta la storia del Libero Stato di Jones per andarsene a folleggiare nelle paludi con la schiava nera: che, sia detto en passant, è molto più sexy della moglie. Come se non bastassero gli altri difetti, dunque, è pure un film machista: che se lo vedessi con certe femministe dei miei tempi, mi chiederebbero di andare via sin dalle prime scene.

Dico solo questo. Il protagonista, un Matthew McConaughey più monumentale del solito, è il prototipo dei tanti leader “populisti” di oggi. Dove “populisti” va fra parentesi perché non significa più nulla, letteralmente: ormai il 99 per cento della popolazione è populista, e anche il restante uno per cento ci sta pensando, vedi alla voce Trump. Aggiungo solo le tre scene più politicamente scorrette. Quando Newt-McConaughey distribuisce fucili e pistole ai bambini, perché si difendano dai truci accaparratori sudisti. Quando strozza (in chiesa!) il cattivissimo colonnello, e parte l’applauso spontaneo del pubblico. Mettiamoci pure la compiaciuta grigliata di maiale, che gli costerà sicuramente l’Oscar. Insomma, se siete maschi e non dominate i vostri istinti animali compratevi la cassetta, quando esce, e vedetevela da soli, di notte, dopo aver messo a dormire i bambini. Poi però non uscite per dare l’assalto alla prefettura. Sareste soli, di notte, e fareste una figura da pirla.

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