Se andate dal pediatra, potreste imbattervi in due poster: un bimbo con una forchetta e un cucchiaio, sovrastato dalla scritta “prima di un cibo da grandi dategli un cibo per diventare grandi”; nel secondo poster una bimba guarda una tazza di latte e la scritta “dopo l’anno il latte crescita contribuisce a fornire un apporto equilibrato di nutrienti, come ferro, calcio, vitamine, adeguato alle loro esigenze”.

Se siete genitori alle prime armi di certo rimarrete stupiti, e vi chiederete: “Quale sarà la differenza tra cibo da grandi e cibo per diventare grandi? La mela cotta schiacciata con la forchetta è cibo da grandi? Un pezzo di pane da rosicchiare è cibo adatto allo svezzamento? E se il bebè arraffa il cibo che sto mangiando e se lo spappola per bene in viso… Sarà pericoloso? Gli devo far sputare tutto anche se lui sembra apprezzare?”

Su questo argomento i pediatri sono divisi. La Federazione italiana medici pediatri (Fimp) e la Società italiana di Pediatria (Sip) sposano la campagna di comunicazione dell’Associazione italiana industrie prodotti alimentari (Aiipa) con le raccomandazioni sui vantaggi degli alimenti industriali specifici (omogeneizzati, liofilizzati, latte di crescita).

L’Associazione culturale pediatri si dissocia invece dalla campagna Aiipa e invita i colleghi medici a non aderire all’iniziativa: “Gli alimenti in commercio sono già controllati per legge e la filiera del prodotto fresco è validata dai ministeri dell’Agricoltura e della Salute: i medici non si facciano portavoce dell’industria, creando confusione nei genitori. No al marketing sulla pelle dei bambini”.

I conflitti di interessi tra pediatri e multinazionali, non sono un problema nuovo: nel 2014 dodici pediatri sono stati arrestati, perché corrotti dalle industrie del latte in polvere.

Ora che una parte dei pediatri si allea con le industrie per promuovere gli omogeneizzati e i latti di crescita, altri pediatri (per fortuna) si ribellano. Gli omogeneizzati sono comodi è vero, ma costosi, poco ecologici e poco salutari: contengono stabilizzanti, aromi, talvolta conservanti, zucchero, hanno inoltre un elevato impatto ambientale a causa della lunga lavorazione industriale, degli imballaggi e delle monoporzioni.

I latti di crescita poi, sono totalmente inutili. La Commissione europea ha recentemente pubblicato un rapporto dal quale emerge che le formule per bambini nella prima infanzia non sono necessarie, alcune di esse possono contenere un tenore di alcune sostanze (ad esempio, zuccheri e aromi) non raccomandato per i bambini.

“Solo 1 mamma su 4 è convinta che per il suo bambino sia importante introdurre nella dieta alimenti specifici per la prima infanzia”, evidenzia Andrea Budelli, presidente del Gruppo Aiipa alimenti prima infanzia.

Neppure io sono mai stata convinta. I miei figli non hanno mai assaggiato un omogeneizzato, e neppure latte di crescita. Hanno mangiato quel che mangiavamo noi, cibi sani e locali, magari un po’ schiacciati con la forchetta. Si sono dissetati col mio latte (poppando fino ai 2-3 anni) e con l’acqua di rubinetto (dai 6 mesi).

Non ci sono cibi per grandi o cibi per piccoli, ci sono solo cibi sani (per tutti) e cibi meno sani (per tutti). Secondo le ricerche scientifiche, il contrasto all’obesità infantile richiede il coinvolgimento di tutta la famiglia, un miglioramento delle abitudini alimentari, preferendo cibi preparati in casa, con ingredienti di buona qualità e minor costo rispetto agli alimenti industriali. Se fino ai 3 anni il bimbo viene cibato con cibo industriale (per piccoli), mentre tutta la famiglia mangia porcherie industriali (per grandi), dopo qualche anno sarà gioco forza che anche il piccolo inizierà a cibarsi di cibo spazzatura, abituato com’è ai sapori industriali.

I pediatri dell’Acp incoraggiano una dieta ricca di frutta, verdura e ortaggi freschi per tutta la famiglia, ricorrendo quando è possibile ai prodotti a filiera corta e in questo caso spesso anche biologici (anche ricorrendo alla partecipazione a gruppi di acquisto solidale, i cosiddetti Gas).

I cibi industriali penalizzano la ricchezza della cultura del cibo, omologando ogni sapore e tradizione. Ricordo che una mamma senegalese mi disse: “Sto svezzando il mio bimbo con un prodotto tipico del mio Paese”. “Che bello, e quale?” le chiesi, pensando a qualche specialità africana. Mi tirò fuori una scatola di omogeneizzati di una famosa multinazionale occidentale. Rimasi a bocca aperta. Ecco come le industrie fanno i soldi, sulla pelle dei bambini, sull’insicurezza delle mamme, distruggendo ogni sapore e tradizione.

Articolo Precedente

La preside e il gesto dell’ombrello, assurdo paragonarla alle clientele di De Luca

next
Articolo Successivo

“Torno dall’estero per fare l’imprenditore, anche se all’inizio in Italia ti trattano come un ragazzino”

next