Qual è il ruolo di un intellettuale durante la guerra? La risposta potremmo trovarla osservando la vita di Gramsci o di Vasilij Grossman: Vita e destino è il manifesto di un uomo di cultura che si è fatto testimone. In ogni epoca e Paese, queste figure hanno avuto un influsso. Mohamed Dibo, intellettuale siriano, ha ricostruito le vicende della classe culturale siriana, prima e durante il conflitto: rinchiusa fra illusioni e speranza che le parole siano potenti quanto o più delle armi. L’estratto qui proposto è tratto da Esilio siriano. Migrazioni e responsabilità politiche – ed. Guerini e associati. Curato da Marina Calculli e Shady Hamadi. Da oggi in libreria.

La rivoluzione siriana è scoppiata in un momento in cui nessuno degli intellettuali siriani l’attendeva. […] Il concetto di ‘rivoluzione’ era, come si è detto, fuori uso fino all’avvento della rivolta. Per questo si è tardato a dare il nome di ‘rivoluzione’ a ciò che stava accadendo in Siria, in parte perché l’intellettuale ha trovato difficoltà a ritornare velocemente verso la parola stessa, passando prima dal concetto di ‘movimento’ (harakat), nel senso politico, poi ‘lotta’ (intifada) e infine ‘rivoluzione’ (thawra).

Nonostante queste difficoltà, gli intellettuali si sono schierati in maggioranza dalla parte della rivoluzione. Le posizioni di questi, la loro partecipazione agli eventi, l’attivismo e le manifestazioni di protesta non hanno analogie con la ‘cultura critica’ (thaqafa naqdiyya) precedente alla rivoluzione, né con il concetto stesso di rivoluzione, con l’allontanamento dalla produzione di conoscenza in Siria e per la Siria, unita all’assenza di critiche per le deviazioni della rivoluzione stessa. […] In altre parole si schiera dietro la strada e non alla guida della strada, né accanto alla strada. Si unisce agli slogan senza verificare, controllare o criticare l’atmosfera della strada. In questo modo si scusa per la sua precedente posizione, fa ammenda per la sua assenza, per l’aver abbandonato il suo ruolo critico, e questo ha diversi significati. […] Quando si è prospettata la guerra civile all’interno della rivoluzione, mescolatasi al terrorismo, alla guerra regionale e internazionale sul territorio siriano, è apparso più chiaramente che se l’intellettuale avesse apportato alla rivoluzione la ‘conoscenza’ (ma’rfa), questa avrebbe preso una direzione diversa.

Inoltre, l’intellettuale non ha criticato un punto di vista precedente sulla rivoluzione, non ci dice perché dal concetto di ‘cambiamento pacifico e tranquillo’ si è passati al concetto di ‘rivoluzione armata’. Non si cerca cosa c’è dietro ai concetti correlati come democrazia, società civile, stato civile che si sono imposti come sostituiti allo ‘stato laico civile e democratico’. […] Ciò significa che l’impegno dell’intellettuale si è realizzato attraverso una conoscenza vecchia e superficiale. Egli non è diventato un intellettuale revisionista del suo stesso pensiero ma si è limitato a gridare alla caduta del regime.

In altre parole l’intellettuale non ha lavorato nella direzione richiesta da Mahdi ‘Amel ai tempi del cambiamento e della rivoluzione. ‘Amel diceva: ‘Entri il pensiero combattente nella lotta, spronando sulla via necessaria e dissacrante. Egli non è per niente maturo, è sempre allerta nel movimento rivoluzionario, impiantandosi e radicandosi in esso. Anticipa l’esperienza grazie alla sua teorizzazione e non vacilla anche quando preso alla sprovvista. Giunge alla conoscenza e compie revisioni, rimettendo in ordine i vari fattori per confermare la teoria in una visione, per aprire nuovi orizzonti a tutti. Così, ogni impegno intellettuale acquista una dimensione di lotta, mentre le attività rivoluzionarie si devono guardare dall’intellettualismo. Essere collegati all’esperienza storica si sta dimostrando una necessità imprescindibile per ogni pensiero che si voglia rivoluzionario e per ogni rivoluzione che intenda essere autentica.’

[…] È una situazione che ha reso fino a oggi la rivoluzione siriana povera di conoscenza, cultura e non l’ha fatta progredire verso nessun pensiero rivoluzionario creativo o di conoscenza della Siria e per la Siria.

Non è però tutto un quadro desolante, sotto ogni aspetto, poiché il giogo della tirannia si è spezzato. Alcuni intellettuali sono consapevoli della crisi della cultura siriana: guidati dall’auto-critica, essi hanno spazzato via vecchie norme e creato una nuova cultura, nata oggi in Siria, che si esprime meglio nel campo creativo, attraverso la poesia, i romanzi, il teatro, le testimonianze, la pittura, le caricature.

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