di Claudia De Martino, ricercatrice Unimed

Cosa insegna la storia?

In sette lezioni di storia dedicate al Mediterraneo, l’Unimed, il Cinema Farnese Persol, la casa editrice Castelvecchi, la libreria Fahrenheit e il Fatto Quotidiano (quest’ultimo in qualità di media partner) si propongono di organizzare un’iniziativa che permetta al grande pubblico romano di accostarsi a importanti interrogativi storici e alle domande aperte che caratterizzano lo sguardo che la società italiana porta oggi al Mediterraneo.

Nell’antica Grecia, la storia per Erodoto era un racconto delle imprese umane da immortalare, basato sulla logica e la verosimiglianza, mentre Tucidide pensava che essa avesse una sua logica intrinseca, le cui leggi regolavano deterministicamente il comportamento degli uomini e potevano essere studiate e conosciute. Cicerone affermava che la storia fosse “maestra di vita”, intendendo con questo suggerire che apprendendo le azioni delle generazioni precedenti si potevano impararne gli errori e cercare di evitarli. Per tutti gli antichi, la storia era, quindi, una conoscenza utile a coloro che volessero gestire la “cosa pubblica”, ovvero governare.

Oggi questa concezione della storia non potrebbe essere più obsoleta.

In un ipotetico dialogo con gli storici classici, un grande pensatore contemporaneo come Edgar Morin direbbe che non solo non vi è alcuna legge scientifica a regolare l’operato dell’uomo, ma che “ogni azione è incerta e avviene in condizioni aleatorie e avverse” (E. Morin, Pour sortir du XXe siècle, 1981). Non un ritorno indietro al fato e alla sorte, tuttavia, ma un rimando a una complessità che è propria all’agire umano e lo è tanto di più dal momento che la storia è il risultato delle azioni concomitanti di un numero non quantificabile di persone, che si presentano sia come attori razionali che come individui mossi da “emozioni”, impossibilitati a verificare empiricamente in prima persona le informazioni di cui sono in possesso e sulle quali pure si trovano a decidere.

La storia oggi non può più essere per noi “maestra di vita”, ma nemmeno un repertorio casuale di azioni ed eventi accatastati gli uni sugli altri, senza un filo logico. Al contrario, collegare gli eventi tra loro e contestualizzarli è lo sforzo che dobbiamo fare oggi se vogliamo ancora che la storia serva ancora ad aiutarci a conoscere il nostro tempo, quello nel quale siamo immersi. Un tempo, il XXI secolo, segnato da processi tecnologici, medici e economici sempre più veloci e da una globalizzazione commerciale e culturale che rende Paesi, prima molto distanti, mutualmente interdipendenti e che, dunque, ci impone di guardare oltre i confini nazionali, poiché stiamo assistendo alla creazione o allo smembramento di vecchi Stati che hanno contraddistinto il 900.

In quest’ottica, volendo contribuire un tassello alla storia globale, ovvero al tentativo di comprendere gli eventi conciliando narrative nazionali spesso opposte, si articola la proposta lanciata da Unimed di riflettere insieme sul Mediterraneo, per rifondare la relazione spesso conflittuale che ci lega alla Riva sud di questo mare così centrale per noi Europei, e ripensare a quello che ci unisce come a quello che ci divide. Storicamente il Mediterraneo ha favorito, infatti, contatti tra popolazioni eterogenee, fomentando sia discordie, antagonismi e rivalità, che scambi commerciali e fecondazioni culturali reciproche.

Questo è l’obiettivo ambizioso che ci proponiamo, ovvero contribuire a nostra volta ad una pagina di storia, quella dei grandi dibattiti pubblici ospitati dalla nostra città.

Vi aspettiamo, al cinema Farnese Persol di Piazza Campo de’ Fiori, il prossimo 20 novembre per la prima lezione di Alessandro Vanoli che avvierà il ciclo.

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