“Adesso che Trump è stato eletto presidente, il parallelo con Berlusconi può offrire una lezione importante su come evitare di trasformare una vittoria sul filo del rasoio in una vicenda ventennale. Se pensi che i limiti dell’incarico presidenziale e l’età di Trump possano salvare il Paese da quel destino, ripensaci. Il suo mandato può facilmente trasformarsi in una ‘dinastia Trump'”. Luigi Zingales, economista e docente della University of Chicago Booth School of Business, in un editoriale sul New York Times parla della vittoria del magnate per rivolgersi al Partito democratico americano. Che deve trovare il modo giusto per affrontarlo. Per evitare che il tycoon possa ‘regnare’ a lungo in Usa come è accaduto all’Italia con Berlusconi, l’opposizione deve essere efficace: attacchi al programma e alle idee, non alla persona. E un candidato lontano dall’establishment.

E’ questa l’unica strategia, come hanno dimostrato anche le sole due persone che hanno sconfitto l’ex presidente del Consiglio: Romano Prodi e Matteo Renzi (anche se solo alla Europee del 2014). E stop alle proteste “controproducenti” che hanno infiammato le strade d’America dopo il voto. “Contro chi stanno manifestando queste persone? – scrive – Che ci piaccia o meno, Trump ha vinto legittimamente. Negarlo alimenta soltanto la percezione che ci siano candidati ‘legittimi’ e altri ‘illegittimi, e una piccola élite decide chi è chi. Se così è, le elezioni non sono altro che un concorso di bellezza tra candidati benedetti dai religiosi del Consiglio dei guardiani, come in Iran“.

Il punto, quindi, è contrastare Trump mettendo al centro i fatti, contestando le sue scelte. “Berlusconi – continua Zingales – ha potuto governare l’Italia così a lungo per la maggior parte grazie all’incompetenza dell’opposizione”. Ecco come: la sinistra era “ossessionata” dalla sua figura, tanto da fare “scomparire qualsiasi dibattito politico di rilievo”. “Si concentrava soltanto sugli attacchi personali, il cui effetto è stato quello di aumentare la popolarità di Berlusconi” e di generare “simpatia nella maggior parte degli elettori moderati. Trump non è diverso”. Zingales ricorda quindi che il Partito democratico Usa nella corsa verso la Casa Bianca ha usato la stessa strategia fallimentare della sinistra italiana: “Hillary Clinton era talmente concentrata a spiegare quanto Trump fosse cattivo che troppo spesso non ha parlato delle sue idee”. E l’atteggiamento dei media di “ridicolizzare il comportamento” del neopresidente si è trasformata in “pubblicità gratuita” a suo favore.

L’economista boccia anche la proposta di affossare il tycoon tramite il voto dei grandi elettori o attraverso le proteste, perché si tratta solo di “trucchetti” contro il sistema. E cita gli unici due politici che hanno sconfitto Silvio Berlusconi: Romano Prodi e Matteo Renzi. “Entrambi lo hanno trattato come un normale avversario. Si sono concentrati sui temi, non sul personaggio. In modi diversi, entrambi sono visti come outsider, non come quella che in Italia viene definita ‘casta’”.

Ed è dalla nostra storia che, secondo Zingales, i democratici americani dovrebbero imparare: “Ci sono tante proposte di Trump con le quali possono essere d’accordo, come gli investimenti per nuove infrastrutture”. E cita Hillary Clinton e Bernie Sanders oltre agli economisti Lawrence Summers e Paul Krugman. “Alcuni dettagli possono essere diversi dal programma repubblicano, ma trovare i punti in comune e non solo le differenze darà credibilità all’opposizione democratica”. Al contrario, se si focalizzasse “sul personaggio, incoronerebbe Trump a leader del popolo nella battaglia contro la casta di Washington. E indebolirebbe la voce dell’opposizione sui temi di rilievo, quando è invece importante portare avanti una battaglia di valori”. I democratici, poi, aiutino Trump contro l’establishment repubblicano, in modo che “non possa usarlo come foglia di fico nel caso di un suo fallimento”. E infine dovrebbero trovare “un candidato credibile tra i giovani leader, fuori dal partito dei Bramini“. La notizia che possa trattarsi di Chelsea Clinton? “La peggiore possibile”. Poi conclude: “Se il partito democratico si sta trasformando in una monarchia, come può combattere le tendenze autocratiche di Trump?”. La sfida è appena iniziata.

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