di Flaminio de Castelmur per spazioeconomia.net

In questo stesso periodo nel 2011, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi rassegnava nelle mani del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano le proprie dimissioni. Le ultime erano state settimane difficilissime, con l’economia nazionale sotto attacco da parte dei mercati internazionali che portarono il nostro differenziale di rendimento Btp/Bund fino alla soglia dei 570 punti.

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L’immagine sovrastante mostra la drammaticità del momento in relazione ai periodi precedenti e successivi.

Per verificare le evoluzioni dei conti economici dopo tale data e raffrontarli con le politiche dei governi successivi, utilizzeremo alcune tabelle che semplificheranno visivamente i ragionamenti. Innanzitutto, l’analisi dell’andamento del Prodotto Interno Lordo ci racconta molte cose:

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Notiamo la divergenza degli andamenti nelle principali economie mondiali dal 2012 (anno di entrata in vigore delle prime misure del pacchetto Salva Italia del governo Monti), quando a fronte di una crescita più o meno impetuosa dei Pil, il nostro Paese iniziò a inanellare una serie di dati negativi, interrotta solo nel 2015 e, a risultati ancora parziali, nel 2016 con le stesse percentuali. La correzione dei conti complessivamente realizzata con i tre decreti del 2011 è senza precedenti: circa 50 miliardi nel 2012, circa 75 nel 2013 e oltre 80 nel 2014.

La manovra Monti realizzò un intervento di entità pressoché costante, tra i 20 e i 21 miliardi, in ciascuno degli anni del triennio 2012-2014, con un contributo modesto ma crescente della riduzione della spesa, e un peso preponderante ma leggermente decrescente delle entrate.

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Il cambiamento operato da quel provvedimento fu chiaramente nel segno di un forte incremento delle imposte sui consumi, che passarono dal 31,1 al 54,5% del totale, e di quelle sui patrimoni (immobiliari e finanziari), che passarono dal 16,2 al 32%.

Analizziamo ora l’evoluzione dei consumi e della correlata propensione al risparmio, nel periodo considerato.

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E’ evidente come l’effetto combinato delle manovre del periodo montiano, si sia prolungato anche nel 2013 e in parte nel 2014, con la contrazione di spesa e risparmi. La popolazione, spaventata dalle notizie diffuse nel 2011 e dalle iniziative presentate come “Salva Italia”, ha prima dovuto contrarre le spese (a seguito anche di una marcata riduzione del reddito disponibile nel periodo), per poi aumentare fortemente i risparmi, non appena tornati disponibili, e prevenire eventuali crack paventati dagli organi di stampa.

Altro spetto in analisi riguarda gli investimenti aziendali, in relazione anche al valore aggiunto portato.

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In questo caso, la tabella evidenzia scostamenti successivi al periodo iniziale della nostra analisi ancora più importanti. Siamo passati da una crescita del 5% circa del 2011 ad una diminuzione del 4,5% circa ancora riportata a fine 2015. Sono molti di punti di differenza motivati da diverse ragioni, tra le quali la pressione fiscale, il crollo dei consumi e la persistenza di un credit crunch che ancora oggi viene riportato nei comunicati di Bankitalia.

Venendo a parlare ora dell’occupazione, ci avvaliamo ancora di una tabella:

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Vediamo anche in questi dati, come nel periodo immediatamente successivo al 2011, l’occupazione totale in Italia abbia risentito della crisi indotta dalla situazione economica internazionale e, soprattutto, dai provvedimenti del “pacchetto” Monti. Ad un calo rilevantissimo culminato nel 2013/14, sono seguiti leggeri aumenti degli occupati, bene intonati anche all’inizio del 2015 quando i provvedimenti di sgravio contributivo del Governo Renzi e l’innalzamento dell’età pensionabile della Legge Fornero, hanno portato all’aumento di circa 450.000 posti di lavoro.

Riguardo i conti delle Amministrazioni Pubbliche, passiamo a verificare come si siano realizzate le politiche governative nel periodo 2011/15:

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Si può notare che, ad uscite pressoché stabili rispetto al Pil, vi sono entrate in costante crescita in termini assoluti ed un indebitamento netto che continua incessante a gravare sui conti nazionali. I numeri più deteriori riguardano sicuramente il calo degli investimenti fissi, in 4 anni almeno 4 miliardi di Euro e l’aumento di circa 20 miliardi delle uscite correnti. Il nostro Stato non sta facendo “buona” spesa e continua su una strada sbagliata, che nessun Governo ha provveduto a cambiare.

Ricordiamo infine che lo scenario internazionale negli ultimi anni, è molto favorevole; il prezzo del petrolio è diminuito in maniera considerevole, con le nuove tecnologie che aumentano la produzione in un mercato con poca domanda:

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e i tassi di interesse, a seguito del Quantitative Easing della Bce nell’ultimo anno e mezzo, sono ai minimi storici:

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Così come i tassi sul debito pubblico italiano.

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L’analisi dei dati finora riportati, sconforta per la sensazione che si sia persa un’occasione per risanare i conti statali e che l’intervento complessivo del governo Monti abbia creato una serie di storture negli equilibri economici tali da esserne ancora soggetti nel 2016, a 5 anni dalla fine del governo Berlusconi.

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