Poteva un colosso dell’informatica del calibro di Intel esimersi dallo sviluppo di sistemi di guida autonoma? Giammai. Brian Krzanich, numero uno dell’azienda di Santa Clara, ha annunciato lo stanziamento di ben 250 milioni di dollari da investire nei prossimi 2 anni sull’autonomous driving. Ben inteso, proprio come i colleghi di Microsoft e Google, Intel non intende progettare una propria auto quanto diventare un fornitore di tecnologia automotive: va letta in questo senso anche la recente partnership siglata con BMW e l’israeliana Mobileye, specializzata nella costruzione di telecamere impiegate in uso automobilistico.

Krzanich è convinto che la guida autonoma possa aumentare sensibilmente la sicurezza stradale, regolare meglio il flusso del traffico e dare una mano all’ambiente riducendo consumi ed emissioni inquinanti dei veicoli. Senza contare i benefici in termini di qualità della vita per i passeggeri: una tecnologia che potrebbe cambiare il nostro modo di vivere, quindi. E Intel vuole essere della partita occupandosi della gestione della montagna di dati che vengono costantemente prodotti dai sistemi (radar, lidar, telecamere, GPS e sensori vari) necessari per il funzionamento della guida autonoma.

Tuttavia in ballo ci sono anche la connettività, ma anche due nuove frontiere come la “context awareness” e il “deep learning”: la prima sarebbe una sorta di consapevolezza cibernetica della vettura, in grado di riconoscere e gestire le situazioni di guida; il secondo è il cosiddetto auto-apprendimento, capace di incrementare costantemente l’intelligenza del veicolo.

Tutto questo ha un “peso virtuale”: si stima che entro il 2020 un’auto che guida da sola potrebbe generare circa 4 terabyte di dati al giorno, una mole enorme – paragonabile alle informazioni circolanti giornalmente su PC e smartphone di 3000 persone – che dovrà essere elaborata, archiviata e trasmessa al cloud. Non a caso alla fine di ottobre Intel ha annunciato i nuovi processori Atom A3900, progettati specificamente per l’automotive.

Nel frattempo quelli di Microsoft hanno infilato casco e tuta ignifuga per calarsi nell’abitacolo della Toyota Yaris WRC che il prossimo anno prenderà parte al campionato del mondo di rally. No, non si tratta di un clamoroso cambio di business per l’azienda fondata da Bill Gates: quelli di Redmond hanno infatti siglato un accordo con la squadra ufficiale Toyota per lo sviluppo della piattaforma di analisi dei dati derivanti dalla guida sui terreni di gara. Ciò potrebbe dare un contributo determinante per l’evoluzione di tecnologie applicate all’autonomous driving.

Ne è convinto anche Koei Saga, Direttore Tecnico e Vice Team Principal di Toyota Gazoo Racing WRC: “Al momento la più grande difficoltà tecnica della guida autonoma è che su strada ci si può aspettare di tutto e la maggior parte dei sensori di cui disponiamo attualmente non sono abbastanza rapidi da poter evitare un incidente”, ha spiegato Saga ai microfoni del magazine inglese Autocar.

“La grande sfida su cui stiamo lavorando è proprio questa. Abbiamo anche messo i nostri sensori a bordo delle nostre auto da rally e questi possono, ad esempio, identificare preventivamente una roccia che si trova su strada davanti alla vettura. Quando i sensori saranno all’altezza di affrontare gli ostacoli alla velocità di una vettura da rally, saremo in grado di migliorare il livello dello loro tecnologia in maniera determinante”. E e applicarli alle auto a guida autonoma senza remore.

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