Nello Yemen si intravedono i primi spiragli di pace. Per la prima volta dopo anni di guerra civile, i ribelli sciiti Houthi, sostenuti dall’Iran, e la coalizione militare a guida saudita hanno raggiunto un accordo per la cessazione delle ostilità a partire dal 17 novembre. Ad annunciarlo è stato il segretario di Stato Usa John Kerry, citato da al Arabiya online, parlando al termine di una visita negli Emirati Arabi Uniti. Il capo della diplomazia di Washington ha aggiunto che tutte le parti in conflitto hanno anche concordato di lavorare per dar vita ad un governo di unità nazionale entro la fine dell’anno.

Ma il ministro degli Esteri yemenita, Abdel-Malek al-Mekhlafi, in un tweet ha subito replicato a Kerry affermando che “il governo non era a conoscenza” del piano, “né è interessato all’annuncio” del segretario di Stato Usa. Al Mekhlafi ha aggiunto, questa volta intervistato dal canale tv al Jazeera: “Credo che l’attuale Amministrazione Usa sia incapace di fornire garanzie ad alcuna delle parti e quello che ha detto Kerry non è altro che propaganda mediatica alle spese del nostro popolo”.
A inizio mese il presidente yemenita Abde Rabbo Mansour Hadi, che gode dell’appoggio di Riad, aveva respinto il piano di pace proposto dall’inviato Onu per lo Yemen, Ismail Ould Cheikh Ahmed. Mentre il prolungarsi del conflitto che dilania il Paese arabo ha fatto più di 10 mila morti e gli sfollati sono oltre tre milioni.  In particolare, i bombardamenti dell’aviazione saudita non avevano risparmiato neanche i funerali. Il 9 ottobre scorso caccia di Riad avevano colpito un corteo funebre, causando la morte di 150 persone morti e oltre 500 feriti. Tra i morti c’era anche il sindaco di Sanaa, Abdul Qader Hilal.

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