Esiste l’ipotesi impeachment per Donald Trump. A darne notizia è Cristopher Peterson, professore di legge all’università dello Utah. In un saggio di 22 pagine, il docente americano analizza il quadro normativo alla base di tre processi in cui è coinvolto il neo eletto presidente. Le accuse sono di truffa, falsa pubblicità ed estorsione, reati per i quali la Costituzione americana prevede il rinvio a giudizio di titolari di cariche pubbliche, presidente compreso. Sul banco degli imputati del processo che prenderà il via a fine novembre salirà la Trump University, una serie di seminari per acquisire tutti i segreti del successo del magnate nel settore immobiliare. Il corso esordiva con un seminario gratuito di novanta minuti al termine del quale i partecipanti avrebbero scelto il pacchetto di lezioni più adatto a loro. Lanciato nel 2005, l’università prometteva di insegnare “metodi sistematici per investire nell’immobiliare” tramite docenti “scelti da me personalmente e che condivideranno con voi le mie tecniche migliori”, scriveva Trump in una lettera indirizzata a migliaia di potenziali studenti. “Dovrete semplicemente copiarle e diventare ricchi”.

Il materiale raccolto dal professor Peterson racconta però un’altra storia. Quella, per esempio, di docenti che invitavano i partecipanti a ipotecare la casa pur di acquistare i diversi pacchetti. In un’altra deposizione in mano ai giudici, la madre di una bambino affetto da sindrome di Down è restìa ad acquistare il pacchetto “Gold Elite” da 25mila dollari. Il docente di Trump la convince, promettendole l’accesso illimitato a seminari online, di diventare il suo mentore personale a cui potrà rivolgersi in ogni momento per il resto della sua carriera e il rientro del capitale nel giro di sei mesi. “Nessuno mi hai mai contattata e non sono mai riuscita a contattare nessuno perché i numeri di telefono datomi erano disconnessi. La Trump University non esiste”, scrive la donna. Queste sono solo alcune delle dozzine di denunce consegnate alle autorità in almeno undici stati americani da migliaia di studenti. In cinque anni, Donald Trump ha intascato 40 milioni di euro in quella che ha tutti i presupposti per diventare una truffa presidenziale. Il procuratore generale di New York ha accusato la Trump University di pubblicità ingannevole in sette distinte istanze, dalle (presunte) false promesse di tutoring illimitato al rientro di capitali investiti fino all’accesso a fonti private di finanziamento. Con queste premesse, il professor Peterson due mesi fa scriveva che “non sembrano esserci ostacoli procedurali perché il procuratore generale porti in tribunale Donald Trump con l’accusa di truffa”.

E non è tutto. In un secondo precedimento a San Diego, l’accusa – rappresentata da una class action di studenti – sostiene che il magnate abbia infranto almeno dieci articoli per la tutela dei consumatori dello stato della California. “Tutti i tentativi di Trump di porre un freno a questo processo sono risultati vani”, scrive il professore. Ma i guai più grossi per Trump possono arrivare da un terzo processo, anche questo da celebrarsi nel Golden State. Qui i querelanti si appellano alla legge cosiddetta “RICO” (Racketeer Influenced and Corrupt Organizations Act) la quale contesta il reato di estorsione. L’incriminazione per violazioni del RICO prevede i reati di omicidio e rapimento nonché quello di truffa perpetrata via posta o telecomunicazioni. Mentre i primi reati non riguardano Trump, sugli ultimi due si è espresso il giudice a capo del processo precisando che “le prove raccolte sollevano condizioni sufficienti per avviare un procedimento penale”, scrive il professore. Il 28 novembre verrà scelta la giuria per il processo di San Diego ed entrambe le parti in causa hanno inserito Trump nella lista dei testimoni da ascoltare in aula.

L’articolo 4 della Costituzione americana prevede la rimozione del presidente, e di tutti i funzionari pubblici, se trovati colpevoli di tradimento, corruzione e altri gravi reati. “Truffa e estorsione sono riconosciuti come reati gravi in tutti gli stati americani”, scrive il docente di legge dell’università dello Utah, “così come la truffa telematica viene considerata un reato anche a livello federale”. Il fatto che il presunto illecito si sia consumato prima dell’elezione a presidente, secondo Peterson non costituisce un ostacolo all’eventuale impeachment. La Costituzione americana, che ha subìto modifiche nel corso della storia, non fa alcun riferimento al presupposto che i misfatti debbano avvenire durante l’esercizio del ruolo di funzionario pubblico perché si possa ipotizzare l’impeachment. Se così fosse, spiega il professore, sarebbe specificato, come per esempio all’interno della Costituzione dello stato del Nebraska in cui il riferimento temporale è esplicitato. Trump e il suo staff hanno, tuttavia, motivo per essere ottimisti. Una prima contromisura possibile è quella di fare in modo che l’inizio del processo venga posticipato a dopo l’insediamento. Portare in tribunale il presidente degli Stati Uniti è infatti moto complicato. In secondo luogo, a condizione che venga trovato colpevole, la Camera dovrebbe votare il via libera per l’impeachment, il cui processo si celebrerebbe poi in Senato. Entrambi i rami del Congresso sono a maggioranza repubblicana. A presiederlo, siederebbe il giudice capo della Corte Suprema John Roberts. Anche lui, come Trump, repubblicano.

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