Seconda notte di proteste negli Stati Uniti per l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. Al grido di “Not my president“, dalla East Coast alla West Coast, migliaia di persone hanno manifestato contro il futuro presidente. Dopo le prime manifestazioni post-voto, questa volta non hanno partecipato solo gli studenti universitari, ma cittadini di tutte le età. La polizia ha arrestato oltre 200 persone in tutto il Paese, 185 solo a Los Angeles. Il presidente eletto, che ieri ha incontrato Barack Obama alla Casa Bianca, utilizzando toni che difficilmente contribuiranno a placare la tensione, ha parlato di proteste ingiuste e pilotate: “Ho appena vinto un’elezione presidenziale aperta e di successo. Adesso contestatori di professione, incitati dai media, stanno protestando. Molto scorretto”, ha scritto su Twitter.

Poco dopo Trump ha fatto marcia indietro, esprimendo apprezzamento per la “passione” di quanti hanno manifestato contro la sua elezione e promette di riunire il Paese: “Amo il fatto che i piccoli gruppi di manifestanti della scorsa notte abbiano passione per il nostro grande Paese. Sapremo unirci insieme ed essere fieri!”. L’inversione di marcia di Trump, sottolineano alcuni media Usa, riflette le tensioni emerse durante la campagna elettorale con alcuni membri del suo staff, che con fatica hanno tentato di costringere il tycoon a moderare i toni.

La protesta più violenta a Portland, dove più di 4mila persone sono scese in piazza e la polizia ha arrestato 29 persone. Alcuni manifestanti hanno distrutto le vetrine di vari negozi e dato fuoco ai cassonetti, costringendo la polizia a intervenire. Dal corteo è cominciato allora il lancio di oggetti verso gli agenti, che stavano cercando di dirigere le persone verso piazza Pioneer Courthouse. Gli agenti hanno esploso proiettili di gomma e usato spray al peperoncino per disperdere i manifestanti: “Dopo diversi appelli affinché la folla si disperdesse – si legge sul profilo Twitter delle forze dell’ordine cittadine – la polizia ha usato munizioni non letali per condurre arresti e spostare la folla. A causa dei comportamenti pericolosi e criminali, la protesta ora è considerata una sommossa. La folla è stata avvisata”.

Nelle altre città le manifestazioni sono per lo più pacifiche. Al grido di “Cammina con noi”, circa 400 cittadini di Austin, in Texas, si sono uniti all’evento organizzato da varie associazioni anti-fasciste, anti-razziste e contro la xenofobia. Le proteste sono arrivate fino alla sede del governo texano attorno alle 19.30, l’1.30 di notte in Italia. In Minnesota decine di persone hanno affollato la strada Interstate 94, a Minneapolis , bloccando il traffico in entrambe le direzioni per almeno un’ora.

Sono scesi in strada anche i cittadini della democratica California. A Los Angeles un piccolo gruppo ha brevemente bloccato il traffico, prima che la polizia lo disperdesse. Gli studenti delle scuole superiori sono invece scesi in piazza a San Francisco, sventolando bandiere messicane e arcobaleno, uniti dal motto ‘Trump non è il mio presidente’.

Baltimora, nel Maryland, centinaia di persone hanno marciato nella zona di Inner Harbor bloccando alcune strade e due persone sono state arrestate. A Denver, in Colorado, circa tremila persone si sono radunate vicino alla sede del governo e manifestato nel centro della città. Centinaia di cittadini hanno manifestato anche a Dallas, Washington, Philadelphia, New York e Oakland.

Intanto, dopo aver dato il suo endorsement (poi rifiutato) al tycoon, il Ku Klux Klan torna a schierarsi al fianco di Trump e ha annunciato per il 3 dicembre in North Carolina una ‘parata per la vittoria’. Il logo della manifestazione riporta una foto del nuovo presidente e la scritta ‘Trump’s race united my people’, che può essere tradotta in due modi: ‘la corsa di Trump ha unito la mia gente’ oppure ‘la razza di Trump ha unito la mia gente’, a seconda del significato che si vuole dare alla parola ‘race’. Già dopo la vittoria elettorale d’altronde, l’ex leader del Ku Klux Klan David Duke aveva rivendicato il contributo dei suoi seguaci all’esito finale scrivendo su Twitter: “Non sbagliate, la nostra gente ha svolto un ruolo enorme”. La ‘sua gente’ che comprende anche i membri dell’American Nazi Party. Il suo capo, Rocky J. Suhayda, aveva infatti spiegato, già prima delle elezioni, che la candidatura di Trump “è una splendida opportunità, che può non tornare più”. Ora che è arrivata la vittoria, neo-nazisti e suprematisti non vogliono farsi sfuggire questa ‘splendida opportunità’.

 

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