Un recente studio ha riproposto l’annoso tema dell’orgasmo femminile. Un team di studiosi canadesi tentano di dirimere la classica diatriba tra orgasmo clitorideo e vaginale proponendo un modello che si può leggere come la somma delle diverse parti dell’esperienza sessuale del piacere femminile.

L’incipit dell’articolo trae spunto dalle classiche domande su questo tema.
A cosa serve un orgasmo, alla riproduzione o al piacere?
Come possono fare le donne a raggiungerlo?
Attraverso quale tipo di stimolazione lo raggiungono?

E dopo una attenta revisione della letteratura scientifica e prendendo spunto da alcuni esperimenti di laboratorio, gli autori concludono affermando che la distinzione tra i diversi tipi di orgasmo non derivano dalle sensazioni del clitoride o dalla vagina, ma sono da leggere come il risultato tra i diversi aspetti coinvolti in quello che una donna intende come orgasmo. Questo può quindi dipendere dall’esperienza con la stimolazione diretta della parte esterna del clitoride, del punto G o della cervice, ma anche con la conoscenza delle sensazioni erotiche preorgasmiche, la conoscenza dei movimenti del corpo che conducono a questo, e l’esperienza della stimolazione delle diverse zone erogene genitali ed extra-genitali esterne ed interne (ad esempio labbra, capezzoli, orecchie, collo, dita dei piedi) che possono essere associati con esso.

Gli orgasmi quindi non sono gli stessi per ogni donna, né per ogni esperienza sessuale anche nella stessa donna, ed è probabile che tale esperienza cambi nel corso della vita, come dimostrato dalle donne che sperimentano diversi tipi di orgasmo provenienti da alcune sensazioni specifiche in diversi contesti e/o con partner diversi. Così, ciò che costituisce un orgasmo dipende da come una donna riassume queste diverse componenti e il modo individuale in cui si muove lungo le dimensioni flessibili di eccitazione, desiderio e piacere.

La mappa erotica del corpo che una donna possiede non è fissa, ma è piuttosto il frutto di un processo continuo di esperienza, scoperta, e costruzione, che a sua volta dipende anche dalla capacità del suo cervello di ottimizzare questo processo, passando dalle abitudini di quello che si aspetta all’apertura verso nuove esperienze. Insomma, da questo studio emerge ancora una volta la grande ricchezza della sessualità femminile che difficilmente può venire racchiusa in rigide categorie diagnostiche. Un lavoro che aiuta le donne a riconoscere la specificità e la potenzialità del proprio piacere sessuale, senza rincorrere miti o esperienze fantomatiche.

 

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