Da sempre l’uomo ricorre al sovrannaturale per spiegare le catastrofi naturali. E il caso recente di Radio Maria, che ha attribuito il terremoto dell’Italia Centrale a una punizione divina causata dall’approvazione delle unioni civili, segue una tradizione consolidata in tutti i continenti. Senza ritornare alla mitologia egizia, greca e latina, anche in epoca moderna gli estremi della natura, dai terremoti alle eruzioni vulcaniche, dalle tempeste marine alle alluvioni, sono state spesso interpretate alla luce di una mano divina, per lo più guidata da intenzioni punitive.

Nel campo che conosco meglio, quello delle alluvioni, va ricordato che, tre mesi dopo la breccia di Porta Pia (20 settembre 1870), Roma subì la più severa alluvione del millennio. Per molti credenti fu il castigo di Dio, con cui il Nostro reagiva all’affronto sabaudo che aveva abbattuto il soglio papale. Se questa non era una spiegazione scientifica condivisibile dai positivisti né dal Generale Garibaldi che si batté senza esito per il suo progetto idraulico di mitigazione del rischio, essa era comunque l’interpretazione autentica dell’evento da parte del massimo esperto che all’epoca poteva trattare ‘ex-cathedra’ la materia divina in Italia, Papa Pio IX.

In epoca di duro scontro tra cattolici e comunisti, l’alluvione del Polesine del 1951 ebbe spiegazioni simili da parte dei fedeli più integralisti. Non tutti, però, giacché un anticomunista di provata fede come il Don Camillo di Guareschi, arringava così i fedeli in fuga con l’acqua alla cintola: “Non è la prima volta che il fiume invade le nostre case“. E proseguiva l’orazione con accenti più simili a quelli di Papa Francesco che a quelli di Radio Maria.

La recente (2015) alluvione di Tbilisi conferma che con la divinità non si scherza. La furia delle acque ha colpito in pieno lo zoo, liberando per la città pachidermi e bestie feroci, prima ospitate al suo interno. Secondo quanto riferito dall’agenzia russa Regnum sulla base di fonti locali, un leone aveva sbranato un passante. I preti ortodossi avevano anche spiegato il perché di tanta furia della natura invocando la vendetta divina, giacché la spesa per costruire lo zoo era stata coperta dai proventi della fusione delle campane di un monastero.

Don Camillo non aveva torto. L’alluvione del 1951 non era la prima, ma nemmeno l’ultima, poiché Brescello fu nuovamente colpita da una inondazione il 17 novembre 2014 e, per ‘fermare’ il Grande Fiume, il parroco Don Evandro aveva portato in processione proprio il crocefisso di Don Camillo. Si leggeva nell’Avvenire del 18 novembre: “La processione è iniziata alle 15:30 dalla chiesa di Brescello, seguita da 500 persone, ed è arrivata fino al punto dove il fiume Enza sfocia nel Po. Qui don Gherardi entra nella golena allagata. “Questi disastri naturali – ha sottolineato il parroco di Brescello – sono colpa anche dell’uomo che sfrutta eccessivamente e in maniera sbagliata il territorio. Presenti alla processione anche il sindaco di Brescello e le autorità locali (alcune delle quali, poco tempo dopo, furono protagoniste di episodi di cronaca non del tutto edificanti, ndr). Peppone e don Camillo, insomma, insieme in preghiera, per il bene della loro comunità. Mettetela come volete, ma nel pomeriggio il livello del fiume Po ha smesso di crescere”.

Nella domenica delle Palme, davanti al Duomo di Modena, lo psicoanalista argentino Salomon Resnik disse: “Non sono credente, ma sono prudente”. Una frase per giustificare l’aver accettato un bouquet di rametti di ulivo e di palma.

Non ci si deve quindi stupire quando, di fronte alle catastrofi, l’uomo invoca il soprannaturale prima di appoggiarsi ai catastrophe bond. Ciò che stupisce, invece, è la stupida ed eterna presunzione che la divinità punisca o premi i comportamenti del creato che non ci vanno a genio. Anche quando la divinità è il mercato.

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