Quando Angelo Brancaccio parla di affari e clientele del centrosinistra nelle terre del clan dei Casalesi, la Dda di Napoli ascolta con attenzione. Perché l’ex consigliere regionale Ds-Pd era un anello importante della catena: da sindaco di Orta d’Atella eletto con percentuali bulgare (una volta raggiunse il 91%), e da influente politico in grado di dare del tu ai pezzi grossi del suo partito. Brancaccio infatti muoveva voti, appalti e soldi. Era un uomo di potere. E come tale si interfacciava ‘dando il tu’ agli altri pezzi del potere locale e nazionale. Al pm Catello Maresca, Brancaccio ha asserito che il potere incarnato nel Pd campano aveva uno strumento efficace per tenere buoni e legati a sé i sindaci e amministratori locali: la pioggia dei finanziamenti regionali ed europei. Dispensati, a suo dire, attraverso gli organi politici, più importanti di quelli tecnici.

Verbale del 20 aprile 2016: “So per certo che i finanziamenti regionali ed europei 2000/2006 venivano gestiti quasi integralmente dalla segreteria personale dei presidente Antonio Bassolino il cui responsabile era Antonio Marciano, attuale consigliere regionale. Sono a conoscenza di ciò, perché in qualità di sindaco prima e di consigliere regionale dopo nella zona di Orta, Succivo e Sant’Arpino, avemmo decine di milioni di euro di finanziamento con il suo aiuto diretto”. E Bassolino? “Non so se fosse a conoscenza di questa gestione da parte di Marciano”. Brancaccio poi fa un esempio: “So che amico intimo del Marciano era il Savoia (…) Savoia (un esponente del Pd proveniente dalla Margherita, ndr) ci propose di incontrare Marciano per ottenere il finanziamento del parco archeologico atellano per l’importo di 5 milioni di euro, cosa che avvenne. (…). So che la gara, totalmente gestita ed organizzata dal Comune di Sant’Arpino, che non ha mai prodotto alcun dettaglio dei costi se pur richiesti, poi fu vinta dalla ditta fratelli Mastrominico”. I Mastrominico erano imprenditori di area Pd. Sono stati condannati in primo grado a otto anni nel processo sulle infiltrazioni dei clan Schiavone e Bidognetti nel comune di Villa Literno. E’ il processo che ha accolto le prime dichiarazioni del boss Antonio Iovine da pentito: tra gli imputati c’era anche il sindaco Pd Enrico Fabozzi. Accusato di concorso esterno in associazione camorristica, Fabozzi è stato condannato a dieci anni. Il pm Antonello Ardituro (oggi al Csm) ne aveva chiesti 14.

Interpellati da ilfattoquotidiano.it, Marciano e Bassolino hanno smentito la ricostruzione di Brancaccio: “Io arrivo in Regione Campania tra il 2001 e il 2002 – ricorda Marciano – e prima faccio parte delle strutture commissariali, poi divento capo della segreteria tecnica di Bassolino, che è cosa diversa da quella personale, politica e affronta la gestione organizzativa dell’agenda del Governatore. Non mi sono mai occupato di finanziamenti europei, ne avevo la competenza tecnica per affrontare queste problematiche”. L’ex Governatore aggiunge: “I finanziamenti europei dipendevano dall’Autorità di Gestione, alla quale io portai persone provenienti da fuori, proprio per stare tranquillo: prima l’abruzzese Tiziana Arista, persona di assoluta fiducia, poi Carlo Neri, un funzionario di Bruxelles. Mentre della programmazione dei fondi se ne occuparono per diversi anni Isaia Sales e Maria Grazia Falciatore. Detto questo, lasciamo lavorare serenamente la magistratura”.

In politica possono esistere alleanze ed amicizie. Ma al momento del dunque, ognun per sé. E’ il 2007: Brancaccio entra in rotta di collisione coi Ds colpevoli di non avergli espresso solidarietà nel momento dell’arresto con accuse di peculato, abuso d’ufficio e corruzione in una maxi inchiesta sulla gestione padronale dell’amministrazione comunale. Come tanti indagati dell’epoca, Brancaccio trova un buon rifugio nell’Udeur dell’allora ministro della Giustizia Clemente Mastella. “Cercai di farmi seguire nell’Udeur da molti politici che conoscevo. Quasi tutti i consiglieri di Orta di Atella, il consigliere comunale di Sant’Arpino Elpidio Iorio, il consigliere provinciale Massimo Visco, mi seguirono”. Qualcun altro disse no. “In questa circostanza Dionigi Magliulo (sindaco di Villa di Briano, ndr), nonostante gli ottimi rapporti personali e politici esistenti (ero stato anche suo testimone di nozze), non mi seguì, dicendomi che gli era stato promesso il finanziamento regionale per lo svincolo di Villa di Briano da parte di Nicola Caputo, personaggio che aveva lasciato l’Udeur ed era passato in maggioranza con Bassolino”. Oggi Caputo è europarlamentare Pd. Indagato dalla Dda proprio per quell’appalto. Ma l’avvocato di Caputo, Carlo De Stavola, a ilfattoquotidiano.it precisa: “Nel corso delle indagini abbiamo spiegato al pm che non fu Caputo a procurare quel finanziamento a Magliulo”.

Articolo Precedente

Camorra, il Fatto racconta le clientele dei Casalesi. Sindaco Pd attacca il cronista

next
Articolo Successivo

Nicola Cosentino condannato a nove anni per concorso esterno in associazione camorristica

next