Sono contento di aver contribuito, nel mio piccolo, all’aumento della produzione industriale ad agosto + 4,1% rispetto allo scorso anno e +1,7% rispetto a luglio. Ho acquistato l’Alfa Giulia che mi è stata consegnata il 31 agosto. Nella decisone di prendere quest’auto invece che modelli BMW, Mercedes, Audi o Jaguar sono intervenute, oltre a valutazioni estetiche ed economiche, diverse considerazioni ed emozioni.

1. L’egoismo di pensare che i soldi spesi gireranno nelle tasche di un mio paziente ingegnere che lavora ai nuovi progetti Alfa. Lui pagherà le tasse in Italia e contribuirà alle pensioni degli italiani

2. Un certo rancore verso i tedeschi e gli inglesi che considerano noi italiani di serie b. Questa supponenza un poco si sente anche fra medici nei congressi. Il surplus commerciale della Germania è il primo fattore di squilibrio nell’area euro ed è alimentato, in gran parte, dalle vendite di auto.

3. L’orgoglio di essere italiano. La Giulia “va come una scheggia” anche nel modello diesel da me acquistato. Il mio paziente ingegnere, certamente di parte, afferma che il motore della Giulia è nettamente superiore agli equivalenti tedeschi.

Mi sono consentito questa digressione personale perché penso che ognuno di noi provi in certe circostanze questi sentimenti. Molti lettori possano aver avvertito emozioni simili o contrarie: l’orgoglio o la rabbia per essere italiani. In un mondo globalizzato in cui la società consumistica induce a sentirci individui, ognuno con la sua peculiarità, è possibile e giusto sentire di appartenere a un gruppo sociale? O si tratta di un rigurgito antimoderno e antistorico? Quale aggregato sociale deve, eventualmente, avere la predominanza? La famiglia? Il piccolo comune? Il localismo regionale? La nazione? L’Europa?

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