I figli sono perfetti capri espiatori. Sono tanti piccoli signori Malaussène capaci di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, col loro carico di capricci, pannolini inzuppati, interminabili nottate insonni, influenze il giorno prima di un evento pianificato da tempo.

Tutti abbiamo pronunciato almeno una volta la frase “da quando ho figli…”. E di solito, il seguito della locuzione non ha mai un’accezione positiva. Verosimilmente subentrano espressioni come: “Non faccio più niente, ho ridimensionato le vacanze, la vita è diventata caotica, io e mia moglie non usciamo più insieme, etc…”

In tutta sincerità, mi sono trovata anch’io a proferire le fatidiche parole, prima ancora di aver realmente riflettuto se fossero plausibili o meno. In effetti, se ci attenessimo davvero ai fatti, nessun genitore potrebbe convalidare la tesi che sono stati i figli a chieder loro – espressamente – di non fare più le cose di cui li si rimprovera. Può risultare conveniente puntare il dito verso di loro, in modo da giustificare la propria pigrizia, la propria arrendevolezza. E’ un modo un po’ meschino di discolparsi, fingendo che i nostri insuccessi siano determinati dall’esistenza di qualcun altro.

Se la vita langue, non è (solo) colpa dei nostri figli. In prima istanza non ci hanno chiesto loro di venire al mondo, né tanto meno di smettere di sognare; sarebbe onesto tenerlo a mente quando li colpevolizziamo se non troviamo il coraggio di cambiare lavoro, se abbiamo rinunciato alle nostre passioni, se anziché vendere collanine a Phuket spacciamo assicurazioni dietro una scrivania.

Tantissime coppie non riescono a riprendersi dallo shock della comparsa di un altro componente nel ménage famigliare, e restano impantanate in una routine dove il piccolo diventa, suo malgrado, un piccolo dittatore che ne oscura le aspirazioni personali.

E’ davvero tutto più complicato quando arrivano i figli? Certo, dire il contrario sarebbe mendace. Passare da due a tre, quattro, cinque è qualcosa che va gestito con lucidità e organizzazione. Se avete amici che insistono col dire che da quando hanno figli la loro vita non è cambiata di una virgola, vi consiglio di: a) mollarli in tronco b) seguirli per qualche giorno solo per scoprire che hanno dodici baby-sitters svizzere al seguito o che invece di andare ai Tropici si chiudono in cantina come Abatantuono in Mari del sud.

Sostenere che tutto vada bene non è credibile come non lo è lamentarsi di tutto. Se è vero che ci sono impedimenti oggettivi, almeno nei primi anni di vita, e scalare l’Himalaya senza bombole non lo si può proprio fare portandosi appresso un nano in Baby Bjorn, si può benissimo coniugare le proprie aspettative con le loro.

La più grande paura è dentro se stessi. Cambiare strada, rivoluzionare la propria vita, partire per un’avventura un po’ folle, è più difficile per un adulto che per un bambino. Loro, fintanto che sono coi propri genitori in un ambiente amorevole, si adattano a qualsiasi contenitore e latitudine.

Se è vero che la loro venuta cambia radicalmente la nostra vita, perché non potrebbe esserlo in positivo? Anziché accollare a loro le nostre frustrazioni, potremmo trasformarli nell’incentivo a migliorare il nostro mondo. La sicurezza e l’agio (economico o meno) dietro cui ci si nasconde non sempre equivalgono a essere felici. Un genitore insoddisfatto, compresso dentro un ruolo che gli va stretto, diventa un modello negativo col quale il bambino verrà a patti.

L’esempio che decidiamo di dargli può essere positivo o negativo, sta a noi scegliere quale. Sarebbe bello non vederli come palle al piede, ma il pretesto per aspirare a una vita migliore da vivere assieme.

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