Mettiamo da parte facili battute allusive su deputati e carcere, tipo la montagna che va da Maometto, o un rapporto iniquo tra puniti e impuniti. Nei fatti, dopo un lungo periodo di lavori preparatori, si è realizzata una delle più rilevanti iniziative promosse dalla scuola interna al penitenziario di Rebibbia. Siamo nell’ambito di “Libertà e Sapere”, un progetto di ampliamento dell’offerta formativa con cui da oltre un decennio tentiamo di stabilire collegamenti e promuovere lo scambio di saperi tra mondo recluso e società esterna, attraverso le sue migliori espressioni culturali, istituzionali, politiche, artistiche.

Stavolta si trattava di portare i detenuti impegnati nelle discipline giuridiche in visita a Montecitorio, sede della Camera dei Deputati. Inutile sottolineare il carattere di assoluta novità e l’estrema importanza che una cosa del genere assume per l’istruzione in carcere.

L’idea è la seguente: salvo trascurabilissime eccezioni, si finisce in carcere per aver violato norme. Che sarebbe bene anzitutto conoscere. Il precetto costituzionale della funzione rieducativa della pena trova qualche parziale attuazione essenzialmente nelle due attività di lavoro e studio all’interno degli istituti. Non a caso in inglese, idioma diretto, istruzione viene tradotta con education. In particolare, le lezioni di diritto vertono sin dai primi rudimenti sulla natura e necessità delle norme, per poi passare alle fonti e giungere ad analizzare la nozione di legge e, tra gli organi costituzionali, quello deputato alla funzione legislativa: il Parlamento, appunto. Nulla di meglio, per chi affronta studi giuridici ai vari livelli, di una visita d’istruzione nei luoghi dove fisicamente si formano le leggi principali che disciplinano la nostra società, comprese quelle penali.

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Com’è immaginabile, si sono dovuti attivare diversi e complicati canali istituzionali, a partire dagli uffici della Camera che hanno dato la propria disponibilità all’accoglienza; le autorità della Casa di Reclusione – Direzione, Comando di Polizia penitenziaria e Area educativa e trattamentale – che si sono attivate molto efficacemente per le pratiche necessarie e hanno voluto partecipare in prima persona all’evento; il Magistrato di Sorveglianza che ha autorizzato le richieste per l’uscita dei detenuti (tranne che per due casi, rigettati in extremis).

Per il mondo della scuola c’era un rappresentante del Ministero dell’Istruzione, che si trova a condividere spazi e risorse con il Ministero della Giustizia, e l’intero staff dirigenziale dell’Istituto J. Von Neumann da cui dipendono le sezioni carcerarie. C’era anche un esponente del gruppo di tutor che assiste gli universitari della Sapienza e la referente dell’associazione Zetema che per conto del Comune di Roma realizza corsi all’interno del penitenziario.

I detenuti alla fine erano diciannove, tra studenti, ex studenti, universitari e “permessanti”, accompagnati da una decina di agenti di polizia penitenziaria e dai loro professori. Cioè da chi conosce bene le loro storie, avendo avuto con loro una frequentazione quotidiana per periodi mediamente lunghi, trattandosi di un “penale” in cui sono reclusi coloro che hanno subito condanne definitive per reati piuttosto gravi. Alcuni di loro in quest’occasione per la prima volta hanno potuto riassaporare uno scampolo di libertà dopo lunghi anni di detenzione.

Con competenza e professionalità, il personale della Camera ha fatto da guida all’interno del palazzo, illustrando le ricchezze contenute nelle varie stanze e facendo frequenti riferimenti alle vicende politico-istituzionali che vi si sono succedute nella storia e tuttora vi si intrecciano. La conclusione nella grande aula delle sedute ha avuto effetti contrastanti tra la stupefacente bellezza del luogo, illuminato dal famoso lucernario a ventaglio detto Velario, e la pochezza del dibattito parlamentare in corso in quel momento, mortificato da una presenza irrisoria e distratta di deputati. Pare proprio che i centri decisionali stiano prendendo altre vie.

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