La politica dell’Unione europea sui biocarburanti affama il pianeta. Oxfam pubblica il report Terra che brucia, clima che cambia e rivela come la potente lobby dei grandi produttori di biocarburanti stia “fortemente influenzando la riforma della legislazione europea” sul tema “a spese delle comunità locali in molti Paesi poveri”. Un sistema che, ad oggi, consente alle grandi corporation una produzione fondata essenzialmente su combustibili derivanti da colture ad uso alimentare, su una scarsa attenzione per l’impatto sull’ambiente e sull’espropriazione di terra ai danni di migliaia di piccoli contadini.

“Ci sono prove evidenti dei danni che l’attuale politica europea sui biocarburanti ha arrecato alle persone nei Paesi in via di sviluppo, al clima e alle prospettive di sviluppo sostenibile della stessa Europa, in pieno contrasto con l’Accordo di Parigi sul clima e con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile“. Il rapporto li documenta attraverso le esperienze dirette in tre continenti. Solo l’anno scorso i vari attori della filiera dei biocarburanti, dai coltivatori di materia prima ai produttori finali, hanno speso oltre 14 milioni di euro e ingaggiato quasi 600 persone per svolgere attività di lobbying presso l’Ue, sette lobbisti per ogni funzionario europeo. Un’azione di lobby che, oltre a contrastare una corretta riforma del settore, sta lavorando per un’ulteriore sviluppo della politica sui biocarburanti attuata sino ad ora. Un trend che, oltre a danneggiare il clima e la vita di migliaia di persone, secondo le stime pubblicate nel Registro per la trasparenza dell’Unione europea sta già costando ai cittadini europei tra i 5,5 e i 9,1 miliardi di euro ogni anno (in termini di esenzioni fiscali e sussidi pubblici alle imprese finanziati attraverso tasse, bollette e rincari alla pompa dei carburanti pagati da cittadini).”Un investimento dei soli produttori di biocarburanti pari a quello della lobby del tabacco. I decisori politici europei – afferma Oxfam – devono liberarsi dalla morsa dei potenti gruppi societari e scegliere fonti energetiche veramente sostenibili e rinnovabili per onorare gli impegni assunti al 2030 su clima ed energia”.

La crescente richiesta di biocarburanti in Europa priva intere comunità del diritto alla terra – Lo studio di Oxfam riporta casi emblematici di intere comunità private dei propri diritti e rimaste vittime dell’esproprio di terre abitate per generazioni in Tanzania, Perù e Indonesia. Una conseguenza della crescente domanda di materie prime agricole per produrre bioenergia in Europa. Per questo motivo, Oxfam lancia un appello urgente affinché l’Unione europea presenti entro un mese un piano di riforma della legislazione che consente l’utilizzo di biocarburanti ottenuti da colture alimentari e energetiche, sottratte alla produzione di cibo nei paesi poveri. “Le decisioni volte a diversificare le fonti energetiche e a tagliare i combustibili fossili, sono spesso prese dai paesi dell’Unione europea senza attente valutazioni sulla sostenibilità sociale e ambientale delle fonti alternative utilizzate. In tal modo l’Ue si fa responsabile – direttamente o indirettamente – di espropri di terre determinando povertà e fame nei paesi più vulnerabili; oltre che di un aumento delle emissioni di CO2 in atmosfera“, dichiara Elisa Bacciotti, direttrice delle campagne di Oxfam Italia. “Così facendo l’Unione europea lascia campo libero a forze di mercato che ignorano totalmente la sostenibilità dell’intero pianeta”.

La produzione di biocarburanti da coltivazioni ad uso alimentare inquina il 50% in più dell’energia prodotta da combustibili fossili – Così facendo, avverte Oxfam, l’Unione europea sta rischiando di venire meno ai propri impegni internazionali per lo sviluppo sostenibile e di mettere a repentaglio gli impegni assunti per contrastare il cambiamento climatico. In media, la produzione di biocarburanti da coltivazioni ad uso alimentare porta al 50% in più di emissioni di gas serra rispetto alla produzione energetica da combustibili fossili. Una politica che ha un impatto ben oltre i confini europei soprattutto per il consumo di terra. Solo nel 2012, oltre il 40% della terra necessaria per la produzione europea di biocarburanti era infatti situata in paesi extraeuropei. Un fattore che non ha fatto che accrescere la dipendenza dell’Unione europea dalle importazioni di biocarburanti.

Le richieste di Oxfam all’Unione europea –  “Investire di più e meglio nell’efficienza energetica e in fonti energetiche che siano realmente sostenibili. Tale politica deve includere le emissioni indirette di carbonio derivanti dal cambio di destinazione di uso della terra e deve senza dubbio esigere, dalle aziende operanti nel settore delle bioenergie, l’ottenimento del consenso libero, preventivo e informato da parte delle comunità locali coinvolte nelle loro filiere di produzione”.

Il “costo” della domanda mondiale crescente di olio di palma – Si tratta di una delle principali materie prime utilizzate nella produzione di biocarburanti. Un settore in cui l’Unione europea è tra i tre primi importatori a livello internazionale. Poiché la terra disponibile nel sud-est asiatico diminuisce, l’industria dei biocarburanti sta cercando aggressivamente di espandersi dall’Indonesia e dalla Malesia in nuove aree come la regione amazzonica, diventata la nuova frontiera per la produzione di olio di palma. “Se l’Ue non si doterà di criteri minimi per la sostenibilità sociale dei biocarburanti, impedendo ai produttori europei di approvvigionarsi di olio di palma dalle terre dove i diritti umani e il diritto alla terra delle comunità locali sono stati violati, sarà di fatto complice di un sistema profondamente ingiusto”, conclude Bacciotti.

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