Con l’avvicinarsi delle date italiane che li vedranno di nuovo protagonisti nel nostro paese, colgo l’occasione di condividere con voi lettori de Il Fatto l’intervista realizzata con Simon Neil, leader dei Biffy Clyro per Radio Rock. Domande e traduzione: Chiara Tosone.

01 – Ci ritroviamo a parlare a pochi mesi dall’uscita di “Ellipsis”, “il miglior disco che abbiate mai realizzato”. Puoi spiegarci i motivi di questa affermazione? 

Penso che quando una band o un artista dichiarano che l’ultimo lavoro sia anche il preferito la reazione da parte dei fan sia sempre diversa, perché magari si hanno ricordi differenti legati al disco. Penso che le canzoni di quest’album siano le migliori che abbia mai scritto. Non siamo neanche a metà strada, possiamo solo migliorare e stiamo ancora imparando. Alcuni potranno non essere d’accordo ma sono convinto che con “Ellipsis’’ abbiamo dato vita al nostro album migliore. 

02 – Anche questo disco è il frutto di una serie di spostamenti, com’è che scegliete dove registrare?

Si è trattato del fatto che Rich Costey – produttore – si trovasse in California, e non c’è da chiedere due volte a degli scozzesi di andare a vivere in California per qualche mese! Penso sia proprio un bel posto in cui registrare: abbiamo lavorato negli stessi studi di Frank Sinatra, Guns N’ Roses, Beach Boys, B.B. King, Rolling Stones…Da bravi scozzesi siamo persone ciniche, per noi il bicchiere è sempre mezzo vuoto ed è stato davvero bello lavorare in California dove il bicchiere è sempre mezzo pieno! Credo sia importante che la nostra musica venga creata in Scozia e poi registrata altrove, dove come in questo caso possiamo trarre ispirazione da gente come i Rolling Stones o i Beach Boys.

03 – Tra le influenze avete citato due nomi molto curiosi: il regista John Waters ed il rapper Aesop Rock. 

Nel suo ultimo album Aesop Rock utilizza questa bella combinazione di suoni davvero ‘’brutti’’, distorti, uniti a dei cantati puliti o pezzi in cui alterna viceversa suoni puliti ad una controparte vocale più confusa, e questa cosa ci piace molto. John Waters è stato invece in grado di trovare la bellezza in cose da cui il resto della società distoglie lo sguardo, e noi abbiamo cercato di abbracciare questa filosofia.

04 – Siete stati pochi mesi fa nel nostro paese: qualche tempo fa avete detto che proprio l’Italia vi ha “costretti ad alzare il livello delle esibizioni”. 

Penso ci sia qualcosa nei fan italiani, negli italiani in generale… Siete così passionali! Dal cibo alla musica, al calcio, alla vita in generale. La gente sotto il palco canta così forte senza aver paura ed è una cosa bellissima, è per questo che facciamo musica. Dalla prima volta che siamo venuti abbiamo avvertito questo, come se la gente tenesse alla nostra musica più di noi! E’ passato un po’ dal nostri primo concerto da voi e fu spiazzante! Il nostro lavoro diventa così semplice e divertente che il risultato sono dei concerti bellissimi.

05 – Prima di “Opposites” avevate lamentato di essere arrivati al burn out: qual è la parte “brutta” di questo mestiere? 

E’ vita vera e la vita vera non si ferma. Essere una band fa parte della vita vera, in cui la gente soffre, e questo non lo puoi fermare. Siamo fortunati a poter fare musica, abbiamo vissuto così a lungo in una bolla… Poi torni a casa e la vita ti prende a schiaffi ma penso debba comunque essere considerato un privilegio vivere suonando ogni sera in questa bolla. E’ ancora strano pensare che il nostro hobby sia diventato un lavoro, perché far musica è sempre stato un divertimento. Negli ultimi 2 anni ho sentito che stavo iniziando a scrivere canzoni solo perché dovevamo farlo, per cui ho dovuto combattere per ricordare a me stesso com’è iniziata. Mi fa male quando la gente ci tratta come un prodotto per far soldi: siamo la stessa band di ragazzini che ha iniziato alle superiori.

06 – Siete molto amici tra di voi e avete raccontato più volte di essere riusciti ad andare oltre diversi momenti bui grazie al rapporto che vi lega. Come si riesce a mantenere un equilibrio?

Sono sicuro che anche tu hai amici che conosci da un sacco di anni e sai come funziona: arrivi al punto in cui capisci al volo quando è il caso di lasciarsi stare, capire quando l’altro non è in vena. Penso che la parte più importante del nostro lavoro sia proprio essere amici. Tengo così tanto a Ben e James che voglio solo che siano felici facendo quello che facciamo. Negli anni abbiamo realizzato quanto questo sia più importante di tutto e ciò che ci ha resi una band più forte.

07 – Girano leggende sull’origine del vostro nome: non è che puoi dare a noi in esclusiva la risposta definitiva?

(RIDE) Ok! Ok! Abbiamo inserito i nostri 3 nomi in un “number generator”, un programma che traduce i numeri in lettere. Abbiamo ottenuto dieci differenti cifre che addizionate e riconvertite in lettere hanno portato al nome Biffy Clyro. E’ un’esclusiva!

08 – Guardando al vostro percorso, tra le cose più importanti c’è sempre stata la volontà di rimarcare il fatto di essere una “band che non è qui solo per diventare ricca e famosa”. Qualcuno ha tentato di farvi percorrere delle scorciatoie?

Sì, un paio di persone negli ultimi anni continuavano a dire “scrivete una cosa del genere, fate un altro pezzo come questo” fraintendendo perché facciamo quel che facciamo. Vogliamo evolverci, scoprire cose nuove, poi arriva qualcuno che ti vede solo come un prodotto che dovrebbe aderire ad un modello. E so che per certe band funziona così, glielo leggi  negli occhi. Abbiamo lavorato a lungo per far in modo che non fosse così e imparato a relegare in un angolo la gente che da noi volesse solo prendere. La vita è troppo breve per permetterglielo. 

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