Musica

Emis Killa, è uscito il nuovo album Terza Stagione: diciassette canzoni sinceramente rap

Un Emis Killa nuovo con lo sguardo rivolto al futuro, ma il culo saldamente rivolto al passato. Servisse anche solo a avvicinare qualche ragazzino o ragazzina all'hip-hop il risultato giustificherebbe il rischio corso

di Michele Monina

Emis Killa è tornato.
Emis Killa non è più lo stesso.
Emis Killa è tornato al passato, ma è un uomo nuovo.
Emis Killa ha ammazzatto il teen idol cui ci aveva momentaneamente abituato con l’uscita di Mercurio.

Ho a lungo ragionato su come iniziare questa recensione. Perché proprio parlando di Emis Killa, un anno e mezzo fa, cominciavo a scrivere per FQMagazine e non erano state belle parole per il rapper di Vimercate. E perché, ascoltando questo nuovo lavoro, Terza stagione, proprio le non belle parole che avevo dedicato a Emis Killa in quell’occasione mi sono continuamente tornate in mente, come un martello che prova a schiacciare un chiodo.

Fughiamo ogni dubbio, Terza stagione è un bel disco. Un album di rap arrabbiato, schietto, diretto, in cui Emis Killa torna per strada e lo fa con la consapevolezza di non essere un ragazzino, ma al tempo stesso cercando di tornare a divertirsi, come probabilmente non gli è capitato molto spesso negli ultimi anni. Terza stagione non è solo un bel disco di rap, è un album in cui si torna a vedere della sana filosofica hip-hop, nei temi trattati, nella cura con cui la produzione di Big Fish ha cercato i suoni, moderni, contemporanei fino al midollo, ma al tempo stesso rispettosi di una storia passata cui Emis sembra tornare a guardare con quella fame che solo chi dalla strada è arrivato sa provare.

Mettiamola così, se con L’erba cattiva Emis Killa aveva fatto bene, andando a capitalizzare quel che aveva seminato in anni di underground e di battle fatte e vinte, se con Mercurio aveva espanso e reiterato il capitale messo in cascina con Parole di ghiaccio, spostandosi pericolosamente in ambito mainstream e finendo per diventare un teen idol, in bilico tra due differenti strade, quella facile del successo di massa e quella lasciata un po’ in ombra della coerenza con le proprie radici, con Terza stagione ecco che di colpo il nostro sembra voler dire a tutti quelli che l’hanno seguito fin qui, i ragazzi col culto del rap come le ragazze che l’hanno amato magari più per i suoi tatuaggi che per la sua musica, e volendo anche le sciure che l’hanno visto flirtare con la Carrà a The Voice: ecco, io ero in basso, mi avete conosciuto mentre ero quasi diventato una popstar e ora, che sono tornato a fare rap e basta, vi faccio vedere quanto questo sia un mondo tridimensionale, vero, viscerale.

Un discorso complicato, sicuramente, che poteva far perdere pubblico, deludere chi magari si sarebbe aspettato qualcosa che lo continuasse a collocare in quel non-luogo dove nel mentre si sono spostati in tanti. Un discorso però maturo, di chi non è più disposto a lasciare che sia il mercato a stabilire la poetica e la cifra stilistica di un artista. E allora, ecco brani come Dal basso, una sorta di manifesto programmatico, o come Sopravvissuto, in compagnia di un collega tornato a pieno titolo a essere tale, Fabri Fibra. Ecco un brano apparentemente più morbido come Prima che sia lunedì, una hit naturale che avrebbe potuto giocarsela comodamente in radio, resa un po’ più ostica con un riferimento alla marijuana nel ritornello, riferimento che sicuramente gli faranno pagare. Ecco Parigi, in compagnia di Neffa, brano emblematico di questo nuovo corso radicale, senza compromessi, dove il ritornello cantato non è più affidato alla sua stessa voce, come a voler dare un taglio col passato, ma che non concede il fianco alla tipica modalità di questi tempi. Ecco le diciassette tracce di questo lavoro, canzoni sinceramente rap. Una scelta coraggiosa, ma fatta con la consapevolezza che, almeno qualche volta, lasciare la strada vecchia per la nuova è quel che si ha da fare. Il risultato sta lì, in quelle canzoni, nei suoi testi a volte anche crudi, sessualizzati, sporchi come sono sporchi i discorsi che si fanno quando si parla di vita. Il risultato sta lì, in canzoni che sanno suonare contemporanee, fatto raro in Italia, dove il pop sembra affetto da un delay che fa riproporre suoni che all’estero giravano un paio di anni fa. Il risultato è lì, in un Emis Killa nuovo con lo sguardo rivolto al futuro, ma il culo saldamente rivolto al passato. Servisse anche solo a avvicinare qualche ragazzino o ragazzina all’hip-hop il risultato giustificherebbe il rischio corso. Bravo Emis Killa, stavolta solo belle parole per te.

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