Non ci furono ricatti sessuali, non ci fu concussione. Il magistrato Donato Ceglie, ex pm simbolo della lotta alle Ecomafie in Campania, è stato assolto dai giudici del Tribunale di Roma con la formula più ampia, “perché il fatto non sussiste”. Nei suoi confronti la Procura di Roma, competente per i reati che riguardano magistrati della Campania, aveva mosso accuse pesanti: oltre alla concussione, anche i reati di estorsione e calunnia. Il pm Barbara Sergenti aveva sollecitato una condanna a sei anni di reclusione ma per i giudici della quarta sezione penale quelle contro Ceglie erano accuse infondate.

Il magistrato, ex pm a Santa Maria Capua Vetere, era accusato di avere costretto Maria Rosaria Granata, moglie di un imprenditore titolare di una azienda che gestiva il trattamento dei rifiuti e coinvolto in una indagine in cui Ceglie era titolare, ad avere rapporti sessuali in cambio di favori. In sostanza, secondo l’impianto accusatorio, l’ex pm abusando del suo potere avrebbe costretto la donna ad avere rapporti sessuali prospettando una serie di benefici riguardanti il fallimento dell’azienda che si occupava di smaltimento dei rifiuti. La donna fu a sua volta denunciata da Ceglie per calunnia e diffamazione in seguito ad alcuni sms ed email da lei inviati al pm in cui faceva riferimento alla loro relazione. “Attendevamo con estrema fiducia la sentenza che riconoscesse la piena innocenza del dottor Ceglie dalle gravissime ipotesi di reato. La pronuncia assolutoria – spiega l’avvocato Fabio Viglione, che ha difeso con il collega Fusco il magistrato – rispecchia l’infondatezza delle accuse, anche alla luce dell’accurata verifica dibattimentale svolta”. Questa, però, non è l’unica vicenda giudiziaria che ha coinvolto Ceglie, in passato titolare di importanti inchieste sulla ‘Terra dei fuochi’. Nei suoi confronti, sempre la Procura di Roma, nel novembre dell’anno scorso ha avviato un procedimento in cui si ipotizzava l’abuso d’ufficio e una presunta violazione fiscale anche se l’accusa più grave, quella di corruzione aggravata, è caduta in prescrizione. Dalle indagini dei magistrati di piazzale Clodio sarebbero, infatti, emersi anche contatti con un imprenditore legato al clan dei Casalesi. Una intricata vicenda giudiziaria che ha portato, il 4 marzo scorso, il Csm a sospendere in via cautelativa e a porre fuori ruolo Ceglie da sostituto procuratore generale a Bari dove era stato trasferito per motivi disciplinari.

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