La coproduzione internazionale, Dustin Hoffman, uno sforzo economico imponente, la presentazione sfarzosa in Palazzo Vecchio, con tanto di fiorentinissimo presidente del Consiglio. E per un attimo avevamo davvero creduto che I Medici, la cui prima puntata è andata in onda ieri sera su RaiUno, potesse rappresentare l’ingresso della serialità televisiva italiana nel XXI secolo, dopo anni di preti e santi, di storie strappalacrime (e stracciapalle), di fiction costruite per piacere al target “anziano” di RaiUno (tranne rare e meritevoli eccezioni). Ci avevamo creduto, dunque, perché stavolta sembrava che la Rai avesse intenzione di fare sul serio.

Sia chiaro: I Medici è una produzione importante e per alcuni versi apprezzabile, ma gli sforzi pur ciclopici di chi ha messo in piedi l’operazione hanno ottenuto risultati clamorosi all’Auditel (8.037.000 telespettatori e share del 28.88% per il primo episodio; 7.143.000 e 31.08% per il secondo) ma decisamente deludenti in termini di qualità. Dietro l’intenzione di confezionare un prodotto contemporaneo e adatto anche a un pubblico tradizionalmente distante dall’ammiraglia Rai, ben presto nello sviluppo televisivo delle vicende raccontate ha fatto capolino il sempiterno “sceneggiato”. Si dirà: e che male c’è, visto che lo sceneggiato televisivo italiano ha ottenuto nei decenni passati un successo clamoroso? Nei decenni passati, appunto, non certo nei primi sedici anni di questo terzo millennio. La Freccia Nera, La Cittadella, Il Segno del Comando, Le inchieste del commissario Maigret, Belfagor, Il conte di Montecristo, I Promessi Sposi (per ben due volte), Il tenente Sheridan, l’Odissea, I fratelli Karamazov, Padre Brown, A come Andromeda, La Baronessa di Carini, La Piovra: tutti titoli rimasti nella piccola storia del piccolo schermo italico e che meritano il massimo rispetto.

Ma davvero non si riesce ad archiviare un genere glorioso ma datato, superato, anzi surclassato, da nuovi stili narrativi? Davvero la Rai non è in grado di dimenticare il passato e di prendere esempio da chi, altrove, sta scrivendo le pagine della golden age delle serie tv? Che poi non servirebbe neppure andare troppo lontano, tipo in Inghilterra o negli Stati Uniti, per trarre ispirazione da chi è in grado di interpretare questa era storica, questo momento culturale. Basta citofonare a Sky, che con Romanzo Criminale e soprattutto con Gomorra ha ottenuto un successo incredibile di pubblico e critica in ogni angolo del mondo, e che tra pochissimi giorni sbalordirà ancora grazie a quel capolavoro che è The Young Pope di Paolo Sorrentino. Potremmo anche scomodare Netflix, Amazon, i grandi network statunitensi, la solita Bbc. Ma sarebbe umiliante per Mamma Rai e per i telespettatori italiani.

Cosa non funziona ne “I Medici”? Un occhio superficiale e assuefatto ai polpettoni italici troverebbe ben pochi difetti. Tutto sembra funzionare come deve funzionare, a regola d’arte, secondo i dettami dello sceneggiato tricolore. Eppure basta frequentare anche sporadicamente altri lidi televisivi per capire che la scrittura dei dialoghi è vecchia e polverosa, nonostante qualche spunto che per la prima serata di RaiUno può sembrare persino coraggioso. E poi la fotografia, santo cielo, è la solita fotografia da prodotto televisivo all’italiana: “tutto aperto”, direbbe il leggendario Duccio Patanè di “borisiana” memoria. Perché si è sempre fatto così, perché va bene cercare di rinnovarsi, ma non esageriamo.

Lo sforzo produttivo c’è stato, è evidente, va riconosciuto e siamo comunque distanti anni luce da alcune fiction Mediaset che persino definire amatoriali sembra troppo generoso. Quindi che fare, dopo i primi due episodi di questa megasuperiperultraproduzione internazionale? Verrebbe voglia di dare la sufficienza per premiare almeno lo sforzo che in effetti stavolta c’è stato. Ma il problema, almeno per chi non si limita a guardare i canali Rai o Mediaset, è che ormai siamo abituati a ben altro. Non possiamo accontentarci sempre del meno peggio. Soprattutto se avevano promesso faville, per un prodotto televisivo che avrebbe dovuto rivoluzionare la serialità televisiva generalista. Ebbene, non lo ha fatto. Siamo ancora fermi allo sceneggiato, e non bastano due uomini nudi in un letto per ammantarsi di coraggio progressista. Provaci ancora, Rai. Se proprio devi.

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