Per far tornare i conti nella legge di Bilancio, il governo Renzi ha pensato al solito stratagemma, quello che l’anno scorso permise di far rientrare in Italia 60 miliardi portandone 4 nelle casse dell’Erario: voluntary disclosure, ovvero l’emersione di soldi non dichiarati allo Stato. Secondo quanto emerso dalle voci provenienti da Palazzo Chigi, però, la misura allo studio quest’anno punta soprattutto sui soldi tenuti nascosti all’interno dei confini nazionali ed è estesa anche al contante. Obiettivo? Nessuna novità: far emergere denaro in nero che, tornato nel circuito ‘regolare’, diventerà poi fonte di tassazione futura. L’ipotesi, inoltre, prevedrebbe anche una prelievo forfait (attorno al 35%) e, come per la voluntary disclosure del 2015 (Renzi allora disse che sarebbe stata l’ultima), sanerebbe gli aspetti fiscali ma non diventerebbe uno scudo per eventuali reati penali collegati al denaro in questione. Che, quindi, diventerebbe una parte della copertura economica della manovra contenuta nella legge di Bilancio.

In cosa consiste e a cosa punta la misura allo studio a Palazzo Chigi – L’anno scorso il giochino ha funzionato. All’epoca la voluntary disclosure era consentita sia all’estero, sia all’interno del Paese per regolarizzare gli importi non dichiarati al fisco, attraverso un meccanismo complicato di sanzioni. Ora la nuova versione punterebbe a far emergere anche le somme che gli italiani hanno celato al fisco e magari riposto in cassette di sicurezza. La riapertura della regolarizzazione di questi importi non cambia gli effetti della ‘disclosure’. In pratica si tratta di uno scudo con soli effetti fiscali, che non si estendono a eventuali reati commessi per accumulare il denaro. Un’altra novità sarebbe quella di pagamento forfait, ma non si tratta dell’unica ipotesi sul campo: il prelievo, per alcune tipologie di voluntary, potrebbe oscillare sia in aumento che in diminuzione. Oltre all’obiettivo “tecnico” di questa misura, che servirebbe a coprire gli interventi di rilancio dell’economia, ci sarebbe anche una scelta economica. Il denaro celato al fisco, ritornato nel circuito regolare, potrebbe essere utilizzato ed investito. In questo modo alimenterebbe gli incassi del fisco anche in futuro, con un effetto considerato strutturale. La misura sarebbe finalizzata soprattutto al mercato interno, perché all’estero i denari esportati illegalmente vengono canalizzati su circuiti finanziari.

I numeri della voluntary: di quanti soldi si sta parlando – Ma a quanto ammonta il denaro nascosto? Una stima è stata fatta recentemente dal procuratore capo di Milano, Francesco Greco, secondo il quale il tesoro nascosto nei paradisi fiscali è compreso tra i 200 e i 300 miliardi di euro, di cui almeno 150 sarebbero liquidi. “Mi risulta – ha detto Greco – che i contanti chiusi in cassette di sicurezza in Italia e all’estero siano gran parte della fetta (circa 150 miliardi). Sempre denaro di provenienza illecita. Nell’ultima voluntary – secondo quanto riportato nella relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale appena depositata in parlamento – le domande di adesione presentate sono state oltre 129 mila: tra il primo gennaio e il 30 settembre ci sono state 63mila istanze e nei due mesi di proroga si sono aggiunte altre 66mila domande“.

Renzi: “2 miliardi da voluntary disclosure, non è assimilabile a condono” – Sabato scorso, al termine del consiglio dei ministri, il premier aveva annunciato per sommi capi l’intenzione di ripetere l’esperimento del 2015. Con queste parole: “La manovra 2017 potrà contare su 2 miliardi in arrivo dalla voluntary disclosure” ha specificato il capo del governo, specificando che la cifra è, a suo parere, “sottostimata”. Si tratta, ha aggiunto, di “un intervento che non ha alcun elemento nemmeno lontanamente assimilabile a un condono“.

“Manca solo che si ringrazino i tanti che hanno portato i loro soldi all’estero” – Condono. Un termine utilizzato anche dall’ex direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli, che su Facebook non ha risparmiato critiche. Ecco il suo intervento integrale: “Non possiamo chiamarlo condono, però… La rottamazione delle cartelle esattoriali – così come si preannuncia nei provvedimenti del governo – risponde certamente alla necessità di reperire nuove risorse, riducendo contenzioso e tendenze vessatorie dell’amministrazione. Le tasse dovute continueranno a essere corrisposte, ma non gli interessi di mora e le eventuali sanzioni. Per quanto riguarda l’Iva, che è una tassa comunitaria, peraltro largamente evasa, non dovrebbe cambiare nulla perché non sono ammessi sconti di alcuna natura. Le esigenze di cassa dello Stato hanno determinato negli anni una catena infinita di condoni di varia consistenza, da quelli tombali agli edilizi, ai vari scudi sui capitali all’estero. Del resto, quando si parla di oltre cento miliardi di tasse evase ogni anno, appare necessario recuperarne un po’ senza andare troppo per il sottile sugli aspetti più propriamente morali o diseducativi. Conta la cassa, non l’equità. Manca solo che si ringrazino i tanti che hanno portato i loro soldi all’estero, e ora li fanno rientrare grazie alla riedizione della voluntary disclosure, estesa forse al contante. Per la copertura, ancora incerta, della legge di bilancio, sono perfino cittadini benemeriti. Rimangono gli altri, quelli che pagano tutto alla fonte, ossessionati da ogni piccola distrazione, scrupolosi all’eccesso, che non possono permettersi alcun ritardo. Ebbene, questi cittadini – per fortuna ancora la maggioranza – hanno la vaga sensazione di essere italiani di serie B. Qualcuno, ogni tanto, si ricordi di ringraziarli”.

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