Tutte le mattine Danilo ed Elena salgono in sella alla loro bici e iniziano a pedalare tra le strade di Bologna, lasciando il profumo di pane appena sfornato. Poi ci sono gli eventi, la programmazione, la cura del sito e il rapporto con i forni artigianali in città. Si chiama Mylbread, ed è la piattaforma messa insieme da due studenti italiani che permette di ordinare ceste di pane artigianale e riceverle direttamente a casa o al lavoro. “Volevamo convincere le persone ad abbandonare il fast food e a tornare a gustare il pane di una volta”, raccontano.

Tutto è nato durante un concorso di idee sulla malnutrizione, organizzato dal Food Innovation Program ad Expo, nel 2015. “Era un pomeriggio piovoso di settembre – racconta Danilo – Lì ci siamo conosciuti per la prima volta”. Da quel giorno è nata l’idea di unire la community di panettieri, amanti del pane e ciclisti per riportare il pane (fresco e di prima qualità) nelle case delle famiglie bolognesi. Danilo Perozzi, 26 anni, è uno studente in Design sistemico del Politecnico di Torino; Elena Galli, 27 anni, ha una laurea magistrale in International Management presso l’Università di Bologna e un’esperienza alle spalle in Silicon Valley grazie ad una borsa di studio.

“Volevamo convincere le persone ad abbandonare il fast food e a tornare a gustare il pane di una volta”

Dopo mesi di presentazioni, raccolte opinioni e dubbi, Danilo ed Elena hanno deciso di partire. Dal primo giorno di marzo la piattaforma Mylbread è diventata reale. Perché proprio il pane? “Abbiamo l’ambizione di portare la magia della panificazione artigianale a casa di tutti, o almeno ci proviamo – spiega Danilo – Il pane fatto a mano ha un suo gusto, un suo sapore, un suo odore. È completamente diverso da quello industriale”. Mylbread ha l’obiettivo di offrire ai piccoli panifici virtuosi una “way out” dalla concorrenza della grande distribuzione, “che sempre più rischia di farli scomparire” aggiunge Danilo. Ma vuole anche offrire a chi apprezza il pane, ma non riesce ad andare a comprarlo al forno, la possibilità di riceverlo a casa.

L’obiettivo di Elena e Danilo è anche quello di conciliare tradizione e innovazione. “In questo momento collaboriamo con tre forni bolognesi, tutti i ragazzi che li gestiscono sono nativi digitali. Per loro scelta hanno iniziato a lavorare con un occhio di riguardo alle materie prime e ai processi di panificazione”, aggiungono. Alla piattaforma, infatti, sono iscritti solo i forni artigianali e locali che usano lievito madre e farine di grani pregiati.

Grazie a Mylbread si può ricevere direttamente a casa o al lavoro pane, ma anche ceste per colazione e brunch, merende, aperitivi e kit per la panificazione casalinga. Tutto è consegnato in bici o in auto elettrica. L’obiettivo è anche quello di portare un messaggio legato alla qualità del cibo e all’importanza di una sana nutrizione. La risposta dei bolognesi, per il momento, rimane molto positiva. “Parliamo con le persone e notiamo tanto entusiasmo e voglia di conoscere che pane stiano mangiando”, racconta Elena. L’interesse sta crescendo: “Siamo fiduciosi”.

“Il nostro contesto socio-culturale predilige i percorsi lavorativi lineari. Ma il nostro consiglio è: sperimentare”

Elena e Danilo sono determinati su un punto. “La solita frase ‘il lavoro in Italia non c’è’ non appartiene al nostro modo di vivere. Le difficoltà nel mondo del lavoro, certo, ci sono – insistono i due – ma il potenziale del nostro territorio è immenso”. L’obiettivo, insomma, non è solo il benessere economico, ma un miglioramento della qualità di vita. L’idea piace, ed anche altre città si stanno interessando al progetto. “Abbiamo presentato la piattaforma a Milano: hanno apprezzato, anche se ci fanno già alcune critiche per migliorare il servizio”, sorridono. Anche a Torino poi, sono sorte alcune iniziative legate al mondo della panificazione, da semplici corsi a classi con risvolti sociali.

Esportare il modello all’estero? Elena e Danilo rimangono con i piedi ben piantati per terra. “Siamo nati da poco – spiegano –, abbiamo molto più interesse a creare un servizio con un reale valore aggiunto, piuttosto che a sognare la Silicon Valley”. Se dovessero dare un consiglio a qualche coetaneo, però, le idee sarebbero chiare: “Siamo nati e cresciuti in un contesto socio-culturale che predilige i percorsi lavorativi lineari, senza uscire troppo dagli schemi. Il nostro consiglio è invece quello di sperimentare”, sorridono. La decisione di fondare una startup viene proprio dalla voglia di ripristinare connessioni con il territorio. “E poi – concludono – una volta che assaggi il pane artigianale è difficile farne a meno”.

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