Come era prevedibile, l’avvicinarsi del voto sulla Riforma della parte Seconda della Costituzione alimenta l’attenzione degli spettatori a partire dal confronto fra Renzi e Zagrebelsky che ha segnato la svolta anche nei numeri di audience confermata anche dall’exploit dell’ultimo Politics.

Noi, dopo esserci rigirata per un po’ di tempo la questione nella testa, pensiamo da tempo che votare Sì sia ragionevole, e così faremo. Lo dichiariamo per rendere noto ciò di cui ci siamo convinti nel merito, date le considerazioni che ci apprestiamo a svolgere circa il tipo di comunicazione cui stiamo assistendo.

Il confronto si sta svolgendo su due piani: quello delle emozioni e quello logico-dimostrativo. A lungo le prime hanno soffiato, e soffiano vigorosamente a favore del No e, siccome il vento non sa leggere, il no dell’insegnante (quello che “sì, va be’ la Buona scuola, ma come pretendono di sradicarmi dalla supplenza, per quanto precaria, al Sud, per andare a stabilizzarmi nell’estraneo Nord, lontano dal contesto familiare che mi aiuta a campare”), si somma al No delle periferie invase da facce multicolori, con tutti i timori che inevitabilmente ne conseguono per il nostro mondo già di per sé temibile (pensando ai 4 fratelli + 1 cugino di italica stirpe che hanno massacrato il vigilante di un esercizio giochi), rastrella quanto resta della crociata anti Casta che ha segnato gli anni della Grande Crisi. Emozioni, tutte, che se anche Renzi non avesse personalizzato la contesa, si sarebbero comunque raccolte in un No. Per contro il Sì ha fino a qualche giorno fa determinato una adesione “fredda”, fondata tutta sul merito delle questioni costituzionali, cui gli avversari non hanno opposto un granché (tantomeno le notazioni letterarie sull’art. 70 “scritto male”).

Ora, proprio di recente, ci pare di cogliere qualche risorsa emozionale anche dalla parte del Sì, sia per la sensazione di effettiva convinzione in quel che dicono espressa in tv da Renzi, Boschi, Richetti, Delrio, citando quanti ci è capitato di vedere) sia per aver trovato qualcosa contro cui definirsi (come in genere è proprio delle emozioni, almeno in politica): la “accozzaglia di vecchie glorie” dell’aggregato Brunetta-D’Alema-Salvini (M5s è ancora un calderone in cerca di baricentro e merita, a nostro parere, un discorso a parte).

Si dice che la somma delle opposizioni sia naturale. A dire il vero sarebbe più naturale la loro scomposizione, insieme con quella di pezzi della maggioranza al governo, Così, nel 1974 il Referendum decise di mantenere il divorzio grazie alla convergenza di partiti divisissimi fra governo (PRI, PSI, PSDI) e opposizione (PCI e PSIUP), così come la DC (dissidenti pro divorzio a parte) si trovò alleata nel voto col MSI che era fuori dall’area di governo, sia pure con l’orecchio attaccato all’uscio. Ma trattandosi di questione di laicità che associava chi, sotto questo aspetto, era già simile, non si determinava la sensazione di una opposizione pregiudiziale e dunque strumentale quale scaturisce dall’attuale coro, o coretto, di tutte le opposizioni.

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