Sembra una croce, ma si trasforma in una delizia. A Edin Dzeko basta mezz’ora per completare la metamorfosi. L’attaccante bosniaco sotterra il Napoli con una doppietta e tanto – ma tanto – lavoro per i compagni di reparto dopo un avvio di partita da dimenticare. Così la Roma mette la freccia piazzandosi alle spalle della Juventus, la sfida per la vetta e mette a nudo i limiti difensivi di un Napoli mai tanto sfilacciato tra i reparti, complice Jorginho irriconoscibile e Gabbiadini che fa rimpiangere l’infortunato Milik. La prestazione dell’attaccante azzurro ‘chiama’ Klose, perché al di là dell’aspetto tattico, l’ex Samp sembra davvero involuto sotto il profilo della fiducia, tanto da spingere Sarri a richiamarlo in panchina dopo un’ora per sperimentare un inedito tridente ‘mignon’ con Mertens falsa prima punta. L’assenza che non si sente, invece, è quella di Strootman tra i giallorossi. Perché De Rossi è il perfetto ago per bilanciare il cambio di modulo voluto da Spalletti, che gli restituisce una Roma equilibrata tra le due fasi e pronta a sfruttare le ripartenze per crocifiggere i partenopei. Grazie a quel Dzeko passato da impresentabile nella scorsa stagione a imprescindibile nella nuova, nonostante momenti di black out inspiegabili. Il suo gol a una manciata di minuti dall’intervallo è il sigillo a un primo tempo che propone spettacolo e occasioni. Senza però che nessuno riesca a rompere l’equilibrio. Almeno fino al rigore in movimento del bosniaco, propiziato da un erroraccio in disimpegno di Koulibaly, aggredito da Salah. Proprio l’attaccante giallorosso era stato tra i più imprecisi fino a quel momento, con almeno tre occasioni sprecate. Limpide e cristalline, le uniche per la Roma. Che però ha l’atteggiamento giusto fin dall’inizio. Il Napoli controlla la palla, verticalizza sfruttando qualche buco in fase difensiva di Paredes e affonda sulle fasce, dove Insigne e Callejon sono ben supportati da Goulham e Hysaj. Ma complice la poca sincronia con Gabbiadini, ancora un pesce fuor d’acqua al centro del tridente, non riesce mai ad arrivare davanti a Szcezsny.

Il fumoso predominio territoriale, insomma, produce poco ‘arrosto’: una punizione di Insigne, un paio di incursioni di Allan e tante conclusioni ribattute dai difensori. Mentre la Roma, sorniona, s’infila negli spazi di un Napoli sbilanciato dalla continua pressione e quindi un po’ scoperto sulle spinte di Salah e Perotti. Fin quando Dzeko viene murato da Koulibaly, i pericoli più grossi arrivano con conclusioni da fuori di Nainggolan e dell’esterno argentino. A un minuto dal riposo però il centrale si impappina e Spalletti perdona a Dzeko i suoi tanti tentennamenti.

È solo la prima fase della trasformazione dell’attaccante. Il brutto anatroccolo della prima mezz’ora diventa un cigno fatto e finito all’inizio della ripresa: guadagna la punizione (fallo ancora di Koulibaly) e la gira di testa alle spalle di Reina sorprendendo la difesa azzurra schierata a zona. Doppietta, settima rete in 8 partite: imprescindibile, appunto. Il Napoli è frastornato ma non abbattuto. Sarri boccia Gabbiadini e manda Mertens al centro dell’attacco in versione mini con Insigne e Callejon a spalleggiarlo. Non è la mossa che cambia la partita, ma i partenopei la riaprono comunque grazie a un colpo di testa di Koulibaly su un angolo battuto da Goulham. Lo stacco del francese è perfetto, carica il San Paolo e mette alla corde la Roma. Solo per dieci minuti, però. Il tempo che la difesa (troppo) alta del Napoli venga presa in contropiede da Salah, che fissa il 3-1 definitivo. Sorpasso e fiato sul collo della Juve, spettatrice interessata a un pareggio che non è arrivato. I bianconeri dovranno rispondere al colpo dei giallorossi, molto più quadrati rispetto agli uomini di Sarri, mai così burrosi in difesa e imprecisi a centrocampo, dove la bussola Jorginho segna sempre la direzione sbagliata. Il verdetto del San Paolo sembra chiaro: se il campionato cercava un’anti-Juve, l’ha trovata.

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