Per accedere all’Ape social e andare in pensione a 63 anni senza pagare la rata del prestito pensionistico bisognerà aver maturato 36 anni di contributi, a meno di non essere disoccupati: solo in quel caso ne basteranno 30. Comunque occorrerà rispettare anche un altro requisito: che l’assegno lordo non superi i 1.350 euro. Quanto alla rata di restituzione del prestito in caso di Ape volontaria, sarà pari a circa 4,5-4,6% per ogni anno di anticipo sulla pensione. Sono alcune delle novità annunciate nell’incontro di venerdì mattina a Palazzo Chigi tra i sindacati e il sottosegretario Tommaso Nannicini per la messa a punto del pacchetto pensioni che il governo dovrà inserire nella legge di Bilancio.

Al termine del tavolo tecnico i sindacati sono andati all’attacco sul primo fronte, quello dell’uscita anticipata per le categorie svantaggiate che saranno esonerate dal pagamento delle rate del prestito. “30 anni per Ape social? Il governo Renzi si rimangia la parola data (erano 20 anni di contributi). Sono inaffidabili”, scrive il portavoce della leader della Cgil Susanna Camusso, Massimo Gibelli, che attacca il governo in un tweet. E non è il solo: “Il governo Renzi si rimangia la parola: 30 anni di contributi invece di 20 per Ape social. Gli antibiotici a Matteo Renzi non fanno effetto” scrive in un altro tweet la Cgil. Il riferimento è alle parole del premier, che nelle ultime ore ha dichiarato: “Dopo l’accordo con i sindacati sulle pensioni sono stato una settimana sotto antibiotico, non ero più abituato”.

Al termine dell’incontro anche il segretario confederale Uil Domenico Proietti ha chiesto un provvedimento “coerente con il verbale firmato il 28 settembre scorso”. Le risorse che saranno stanziate per il pacchetto pensioni ammonteranno a circa 1,5-1,6 miliardi per il 2017. Complessivamente saranno sei miliardi in tre anni. “Abbiamo fatto complessivamente un buon lavoro – ha spiegato Proietti – anche se restano alcune criticità da risolvere sull’individuazione dei lavori gravosi e delle altre situazioni di disagio che daranno diritto alle agevolazioni previste”. I sindacati hanno chiesto di ampliare la platea dell’ape social e di ritoccare verso l’alto il tetto di reddito previsto.

Ape volontaria a un costo di 4,5-4,6% per ogni anno di anticipo – L’Anticipo pensionistico, che darà la possibilità di andare in pensione con 3 anni e 7 mesi di anticipo attraverso un prestito pensionistico che il lavoratore stipulerà con l’Inps, andrà in vigore dal primo maggio. La rata di restituzione del prestito in caso di anticipo pensionistico su base volontaria sarà pari a circa 4,5-4,6% per ogni anno di anticipo rispetto ai paletti della legge Fornero. Il governo stanzierà risorse anche per questa misura, dato che il 4,5% annuo non copre il costo degli interessi dell’assicurazione e di una parte del capitale del prestito pensionistico, che sarà restituito in 20 anni una volta che il lavoratore sarà andato in pensione. “Al momento è impossibile definire quante persone ne faranno richiesta” ha dichiarato Proietti dopo l’incontro.

Ape social: allargata a maestre d’asilo e edili. Ma è battaglia sugli anni di contribuzione – È stato fissato a 1.350 euro lordi di reddito il tetto per accedere all’Ape social, il meccanismo previsto dal governo per poter andare in pensione a 63 anni senza pagare la rata del prestito pensionistico che sarà totalmente a carico dello Stato. Potranno accedere all’Ape agevolata disoccupati, disabili e parenti di disabili, ma anche lavoratori che hanno svolto attività faticose come le maestre della scuola dell’infanzia, gli operai edili e gli infermieri di sala operatoria. Saranno inclusi anche i macchinisti e gli autisti di mezzi pesanti. Il governo, quindi, inserirà ulteriori categorie oltre quelle previste già dalla normativa sui lavori usuranti. Per accedere all’Ape agevolata sarà necessario avere almeno 36 anni di contributi complessivi se si rientra nelle categorie dei lavori gravosi (gli ultimi sei dei quali effettuati nell’attività gravosa) e 30 anni se si è disoccupati, disabili o parenti di primo grado, conviventi di disabili per lavoro di cura. Ed è proprio su questo punto che la Cgil non è disposta a cedere.

La reazione dei sindacati: “Barriere inventate solo per ridurre la platea” – “Sull’Ape agevolata il governo ha cambiato le carte in tavola”, critica il sindacato in una nota, spiegando che la questione non era “mai emersa in questi mesi di confronto”. Questo cambiamento, secondo il sindacato “rischia di vanificare lo sforzo fatto al tavolo nell’individuazione delle categorie da inserire nei lavori gravosi, sulle quali, peraltro, auspichiamo che non si facciano passi indietro”. Per un “giudizio compiuto” la Cgil aspetterà di poter prendere visione degli articolati “perché vi sono anche altri elementi non pienamente definiti”. Articolati “che il governo non ha inteso rendere ancora disponibili nonostante un’esplicita richiesta”. Dura anche la reazione del segretario generale della Cgil Susanna Camusso: “Ci siamo trovati stamattina davanti a un non rispetto delle cose che abbiamo detto nelle ore di discussione, cioè l’accesso alla cosiddetta Ape sociale”. “La possibilità di andare in pensione anticipata rispetto alla vecchiaia per alcune condizioni sociali e lavori gravosi – ha commentato il segretario generale della Cgil – sarebbe condizionato non ai normali criteri delle pensioni di vecchiaia ma alle nuove barriere, una di 30 e una di 36, che riteniamo siano inventate esclusivamente per ridurre la platea”.

Massima attenzione all’Ape social anche da parte della Cisl. “Oggi è stato compiuto un primo passo per definire le caratteristiche dei lavori gravosi e delle altre condizioni per ottenere l’Ape agevolata – ha dichiarato il segretario confederale della Cisl, Maurizio Petriccioli – ora ci aspettiamo che il governo porti avanti con determinazione, nell’iter di approvazione della legge di Stabilità, gli obiettivi che sono stati individuati dalle Confederazioni sindacali nell’intesa, finanziandoli adeguatamente”. Mantenere ampia la platea dei lavori gravosi è una priorità per la Cisl “per rispondere al maggior numero di lavoratori, lavoratrici e disoccupati, contribuendo ad alleviare alcune situazioni di disagio sociale”.

Per chi ha iniziato a lavorare prima dei 18 anni serviranno 41 anni di contributi – Potranno andare in pensione anticipata (senza prestito) con 41 anni di contributi i lavoratori precoci, ovvero quelli che hanno 12 mesi di contributi versati prima dei 19 anni se disoccupati o se parte delle categorie previste per l’Ape social (lavoratori edili, maestre d’infanzia, alcune categorie di infermieri, etc). Anche prima di aver raggiunto i 63 anni di età, limite previsto per l’Ape agevolata. Attualmente per accedere alla pensione anticipata bisogna aver maturato 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini: si arriverebbe, così, a uno sconto di 10 mesi per le donne e di 1 anno e 10 mesi per gli uomini. “È importante – ha spiegato il segretario confederale Uil, Domenico Proietti – che sia passato il principio che con 41 anni di contributi si possa andare in pensione”. Il governo ha anche confermato l’intenzione di togliere la penalizzazione (che sarebbe dovuta tornare nel 2019) per chi va in pensione prima dei 62 anni. Più positivo il giudizio della Cgil sulle novità che riguardano i lavoratori precoci: “Se i testi finali corrisponderanno a quanto detto al tavolo – ha scritto il sindacato – esprimiamo un giudizio positivo per il recupero del lavoro di cura come requisito della platea, pur nel limite generale dell’intervento”.

Quattordicesima per 1,2 milioni di pensionati in più, no tax area equiparata a quella dei lavoratori – Alcune novità riguardano anche la quattordicesima, attualmente riconosciuta ai pensionati con redditi complessivi personali fino a 750 euro mensili, sarà estesa anche a coloro che hanno redditi fino a mille euro al mese (due volte il trattamento minimo). Si tratta di 1,2 milioni in più rispetto alla attuale platea di beneficiari. Per coloro che hanno già il beneficio perché prendono fino a 750 euro di pensione (2,2 milioni di persone) l’importo aumenterà di 100-150 euro al mese, mentre per i pensionati con assegni fino a mille si aggiungeranno tra i 330 e i 500 euro al mese. Per quanto riguarda l’ampliamento della cosiddetta ‘no tax area’, sarà equiparata per tutti a quella dei lavoratori dipendenti (8.125 euro lordi l’anno), mentre attualmente il limite è di 7.750 euro per i pensionati al di sotto dei 75 anni e di 8mila euro per tutti gli altri.

Articolo Precedente

Bologna, operai Magneti Marelli: “Nuovi turni? Tempi di vita e lavoro inconciliabili”. La storia di Samira e della sua famiglia

next
Articolo Successivo

Sciopero fattorini Foodora, salta il tavolo: i vertici dell’azienda annullano incontro. Il ministero avvia accertamenti

next