La rapina è avvenuta di sera, verso le 22, in via Salvator Rosa a Napoli, e torna a proporre il tema della scarsa sicurezza della magistratura antimafia partenopea. La vittima infatti è un pm della Dda di Napoli in prima linea in delicate indagini e processi sul clan dei Casalesi e sulle diramazioni napoletane delle cosche criminali. Il pm rapinato è tra quelli privo di tutela. Mentre stava parcheggiando, è stato avvicinato da quattro giovani che lo hanno minacciato armi in pugno e si sono impossessati del portafoglio e dell’autovettura, una Peugeot 205 vecchia di quasi 15 anni. Il magistrato è riuscito a salvare solo l’anello nuziale e l’orologio. Mentre i banditi si dileguavano il pm ha chiamato i carabinieri, ma solo dopo mezz’ora è arrivata la polizia. Stamane il magistrato è andato a lavorare regolarmente, è atteso in udienza davanti al Tribunale per sostenere l’accusa contro alcuni esponenti del clan in un processo in corso nell’aula bunker del carcere di Poggioreale.

E così torna d’attualità la delicata questione della scarsa sicurezza dei pubblici ministeri antimafia a Napoli, che ha provocato alcune frizioni tra la magistratura e la prefettura partenopea. Il tema fu oggetto il 18 maggio di un’assemblea plenaria dei circa 100 tra sostituti e aggiunti della Procura di Napoli, il primo ufficio inquirente d’Italia per numero di magistrati, dopo la rivelazione delle minacce di morte al procuratore capo Giovanni Colangelo apprese dai verbali di un pentito. L’assemblea si concluse con la sottoscrizione di un documento che denunciava un malessere diffuso nell’ufficio e invitava i ministeri dell’Interno e della Giustizia a superare “l’approccio burocratico” alla questione della sicurezza dei magistrati.

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