Oltre 700 milioni di donne nel mondo si sono sposate prima dei 18 anni, ogni sette secondi una ragazza con meno di 15 anni diventa moglie, mentre nei lunghi viaggi per raggiungere l’Europa, sono poche le giovani donne che non abbiano subìto abusi sessuali. Sono alcuni dei dati diffusi da Save The Children, Unicef e Terre des Hommes in occasione della Giornata mondiale delle bambine e delle ragazze. Secondo il rapporto ‘Every Last Girl: Free to live, free to learn, free from harm’, lanciato da Save the Children, il Niger è il posto peggiore al mondo dove essere una bambina, la Svezia il migliore, seguita da altri due Paesi scandinavi, Finlandia e Norvegia, mentre l’Italia si piazza in decima posizione, davanti a Spagna e Germania. E, infatti, al Niger è dedicato uno dei progetti di Unicef nell’ambito del programma ‘Bambine Non Spose’ che ha l’obiettivo di proteggere, istruire e valorizzare le bambine e ragazze della Giordania, dell’Eritrea, del Niger, del Ghana e del Bangladesh. “Ogni anno 15 milioni di matrimoni hanno per protagonista una minorenne, una volta su tre si tratta di una bambina con meno di 15 anni. Hanno dovuto spesso affrontare gravidanze precoci e violenze domestiche”, ha sottolineato il presidente dell’Unicef Italia Giacomo Guerrera, ricordando che “l’istruzione delle bambine è l’investimento più potente che una nazione possa fare, perché accelera la lotta contro la povertà, le malattie, la disuguaglianza e la discriminazione di genere”.

IL RAPPORTO DI SAVE THE CHILDREN – Secondo il dossier ‘Every Last Girl: Free to live, free to learn, free from harm’, ogni anno 15 milioni di giovani si sposano ancora minorenni, con conseguenze drammatiche sulla loro salute, educazione e sicurezza. “Lo fanno spesso con uomini molto più grandi – sottolinea il rapporto – a causa della povertà e di norme e pratiche sociali discriminatorie”. E sempre ogni anno 16 milioni di ragazze tra i 15 e i 19 anni mettono al mondo un figlio, mentre oltre un milione di bambine diventa madre anche prima di compiere i 15 anni. Sono, invece, 70mila le giovani tra i 15 e i 19 anni che perdono la vita ogni anno per cause legate alla gravidanza e al parto. In quella fascia di età si tratta della seconda causa di morte dopo i suicidi. E il futuro non è promettente: nel mondo 30 milioni di bambine rischiano di subire mutilazioni genitali femminili nel prossimo decennio e oltre un terzo delle giovani donne nei Paesi in via di sviluppo è fuori sia dal circuito scolastico che da quello del lavoro formale. Save the children ha stilato una classifica dei Paesi dove le bambine e le ragazze hanno maggiori opportunità di crescita e di sviluppo. Sono stati analizzati cinque parametri: matrimoni precoci, numero di bambini per madri adolescenti, mortalità materna, completamento della scuola secondaria di primo grado e numero di donne in Parlamento.

I PAESI DOVE È PIÙ DIFFICILE ESSERE BAMBINE – In coda alla classifica ci sono soprattutto Paesi africani come Niger, Ciad, Repubblica Centrafricana, Mali e Somalia, dove il numero di spose bambine è più alto. Secondo il rapporto, il Niger è il posto peggiore al mondo dove essere una bambina, la Svezia il migliore. L’Italia è in decima posizione. Tra i Paesi ad alto reddito, gli Stati Uniti non vanno comunque oltre la 32esima posizione, a causa dei tassi di mortalità materna e per il numero di bambini nati da madri adolescenti. L’India è il Paese con il più alto numero di spose bambine, con il 47% delle ragazze (più di 24,5 milioni), sposate prima di aver compiuto i 18 anni. Il fenomeno, però, è molto diffuso anche in Afghanistan, Yemen e Somalia, dove sono numerosi i casi di spose bambine che hanno meno di 10 anni. Come dimostra il caso della Siria, anche guerre e crisi umanitarie contribuiscono ad alimentare il fenomeno. “Molte ragazze – racconta il rapporto – vengono costrette dalle famiglie a sposarsi in tenerissima età, nella convinzione che questo sia l’unico modo per metterle al riparo da violenze e per assicurare loro i mezzi di sostentamento che le famiglie non sono più in grado di garantire”. Secondo lo studio, che cita statistiche delle Nazioni Unite, se il numero di spose bambine nel mondo crescerà ai ritmi attuali nel 2030 avremo 950 milioni di donne sposate giovanissime e 1,2 miliardi nel 2050.

IL PROGRAMMA DELL’UNICEF – Oggi l’Unicef presenta il Programma ‘Bambine Non Spose’ dedicato alle ragazze della Giordania, dell’Eritrea, del Niger, del Ghana e del Bangladesh. Il Giordania l’iniziativa si concretizzerà del progetto ‘Protezione delle bambine in emergenza’ (costo 139mila euro) diretto a 550 ragazze all’anno. Il Paese ospita oltre 600mila rifugiati siriani e sono in costante aumento anche i matrimoni precoci, il lavoro minorile e il reclutamento nei gruppi armati di bambini e giovani. In Eritrea è in cantiere il progetto ‘Stop alle mutilazioni genitali femminili’ per un costo di 130mila euro che serviranno ad aiutare 22.500 persone in 30 villaggi. Per il Niger, il Paese dove c’è l’86% di analfabetismo diffuso tra le donne (rispetto al 58% tra gli uomini) l’Unicef, in collaborazione con le autorità competenti locali, ha deciso di costruire le ‘Scuole amiche delle bambine’ che garantiscano standard minimi di qualità e parità tra maschi e femmine: 84mila euro per una scuola frequentata da 180 bambine all’anno. In Bangladesh sarà avviato il progetto ‘Giovani imprenditrici’, diretto a 500 ragazze all’anno per un costo di 100mila euro. Infine in Ghana, l’Unicef punta a ‘Ridurre la mortalità materno-infantile’ con un progetto che costerà 200mila euro l’anno e di cui potranno beneficiare 58.364 donne e 7.295 bambini.

LE GIOVANI MIGRANTI – Ma nella Giornata mondiale delle bambine, c’è chi sottolinea un’altra emergenza. Nell’ultimo dossier della campagna ‘Indifesa’, Terre des Hommes ricorda che la violenza sui minori è il “pane quotidiano delle giovani migranti in fuga da conflitti, dittature e miseria”. Nei lunghi viaggi per raggiungere l’Europa, sono poche le donne e le ragazze che non abbiano subìto abusi sessuali. Molte, allettate da false promesse, finiscono nel giro della prostituzione. “Tante le ragazzine che arrivano in stato di gravidanza sulle nostre coste – ricorda il rapporto – e tutte hanno subìto traumi da privazioni e violenze e necessitano di un’assistenza psicologica specifica, che le sostenga nel recupero della propria coesione identitaria, come persone degne di valore”. E proprio per dare sostegno e proteggere queste giovani donne che Terre des Hommes lavora al progetto ‘Faro’, contro le principali violazioni dei diritti di bambine e ragazze migranti.

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