Come da copione, il meccanismo per ottenere il bonus di 500 euro per i consumi culturali introdotto dal governo Renzi per i 574mila ragazzi che compiono 18 anni nel 2016 sta mostrando le corde. A nemmeno un mese dal gran debutto di www.18app.it, il marketplace virtuale su cui in teoria si possono acquistare libri, cd, biglietti per cinema e teatro, ingressi a musei e monumenti eccetera. Il nodo è quello che, leggendo la procedura da seguire per poter spendere il bonus, era facile prevedere: per prima cosa bisogna ottenere da uno dei quattro provider di identità digitali accreditati (Poste, Tim, Infocert e Sielte) le credenziali Spid, quel “sistema pubblico di identità digitale” che nei piani del governo dovrà diventare l’unica modalità di accesso ai servizi online della pubblica amministrazione.

Peccato che, come raccontato da Il Mattino, diversi neo maggiorenni si siano sentiti rispondere dai provider che “aspettano dal governo maggiori disposizioni” e per ora non sono in grado di fornire le credenziali. Così, dopo i ritardi nell’avvio – si pensi che il bonus è stato varato con la legge di Stabilità di fine 2015 ma il sito ad hoc è online solo da metà settembre, in fase beta, e per i primi quindici giorni ha funzionato solo come collettore di adesioni degli esercenti – ora i ragazzi si scontrano con un ulteriore ostacolo. Insormontabile, visto che senza Spid non si può ottenere né spendere il bonus. Nessuna spiegazione, per ora, dall’esecutivo.

Problemi diversi, riporta il quotidiano campano, li hanno poi vissuti gli insegnanti, cui l’esecutivo nell’ambito della riforma “Buona scuola” ha riservato un bonus della stessa entità da spendere per l’aggiornamento culturale ma anche per comprare pc o tablet. Inizialmente era stata prevista una card elettronica, la Carta del docente. Poi si è preso atto che per il primo anno non c’erano i tempi tecnici per distribuirle: così al posto della card è arrivato un semplice accredito sullo stipendio. Ma ovviamente occorreva rendicontare come quei soldi sarebbero stati spesi: entro il 31 agosto gli insegnanti sono stati dunque chiamati a consegnare scontrini e fatture alla segreteria delle proprie scuole. Poi, di fronte all’inevitabile caos, il termine è stato prorogato al 15 ottobre. Ora gli istituti, dopo aver autorizzato gli acquisti, devono a loro volta inviare la documentazione raccolta per la certificazione finale al ministero dell’Istruzione. Per il quale si profila “un surplus di lavoro, per vagliare almeno 600mila pratiche”.

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