Che un professore universitario annunci ai suoi studenti di non voler più vigilare affinché questi non copino durante gli esami, è cosa singolare. Più curioso che gli studenti prendano posizione per convincerlo a ripensarci. Accade – racconta il Corriere della Sera – a Bologna, dove i ragazzi iscritti a due corsi di economia hanno discusso sulla decisione del professore, per poi risolvere la questione con una votazione, proposta dallo stesso titolare della cattedra. Testo del quesito: “Sei favorevole a che nel corso si rispettino le regole di integrità accademica (primo: non copiare, non plagiare)?”. Esito della consultazione: vittoria schiacciante dei Sì. E dunque tutto come prima: il docente continuerà a vigilare durante gli esami.

La vicenda ha inizio il 26 settembre scorso. È quello il giorno in cui, approfittando della riapertura dell’anno accademico, Lucio Picci, ordinario di Politica economica presso l’Alma Mater, scrive una lettera ai suoi allievi, pubblicandola anche sul suo sito personale e indirizzandola all’intera “comunità dell’Università di Bologna”. L’oggetto del messaggio, in estrema sintesi, è contenuto nelle prime righe: “Desidero annunciarvi che non vigilerò per evitare che voi copiate, durante l’esame o nel preparare altri testi scritti, perché in coscienza non posso chiedere a voi il rispetto di regole che l’Università di Bologna permette a noi professori di violare. Infatti, all’Università di Bologna è in funzione un sistema che garantisce ai professori l’impunità dal plagio”.

Il problema, secondo Picci, è proprio che, negli anni passati, i vertici dell’ateneo hanno non solo tollerato, ma addirittura nascosto casi di indebite citazioni e scopiazzature varie da parte di più d’un docente. E non solo: “gli accusati – precisa Picci – talvolta vengono persino premiati“. I riferimenti sono tutt’altro che vaghi: dietro ai fatti citati dal professore – tutti, garantisce lui, “inoppugnabilmente documentati” – ci sono episodi abbastanza noti tra i corridoi e le aule dell’Alma Mater. Tanto che i quotidiani rintracciano subito i tre casi tirati in ballo: casi in cui l’atteggiamento dell’ateneo è stata tutt’altro che cristallina, a detta di Picci: “I vertici accademici ed interi dipartimenti sono perfettamente informati – spiega l’economista – e voltano la testa dall’altra parte. Il motivo, ed è il cuore della questione, è la presenza di una fitta rete di connivenze che si fonda sugli interessi personali di noi professori”.

Ma soprattutto, a far indignare Picci, è la disparità di trattamento che l’Alma Mater riserva a studenti e docenti colpevoli, ciascuno a suo modo, di copiare. “Pochi mesi orsono – si legge nella lettera – il Senato accademico ha sospeso per tre mesi una studentessa, sorpresa durante un esame con un telefono e un auricolare nascosto. Il fatto è stato accertato, vi è stata una sanzione, e ne hanno scritto i giornali”. Si tratta insomma, secondo Picci, di “un’ipocrisia insopportabile”, e il suo rifiuto di vigilare, d’allora in poi, sul rispetto delle regole durante i compiti scritti, equivale in realtà ad una “obiezione di coscienza“.

La lettera fa scalpore, ne parlano quotidiani locali e nazionali. Ma non è l’unico colpo di scena di questa vicenda. A distanza di pochi giorni dalla pubblicazione del messaggio di Picci, il 6 ottobre arriva l’inaspettata reazione dei suoi studenti. Il professore sottopone il quesito ai suoi 54 iscritti (di cui un terzo stranieri) del corso di Econometria applicata alle scienze sociali e ai 44 che seguono il corso Economia dei media: voto a maggioranza e a scrutinio segreto. Risultato: 80 sì, 14 no, 3 schede nulle e un astenuto.

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