Trecentoventi milioni di euro. Tanto sarebbero costate ai consumatori in bolletta le strategie di Enel e Sorgenia contro le quali punta il dito l’Antitrust. Il garante ha infatti ha disposto l’avvio di due procedimenti istruttori nei confronti dei due operatori che, si legge in una nota dell’Autorità, “avrebbero violato la normativa sulla concorrenza applicando prezzi eccessivamente gravosi nella vendita a Terna dei servizi di accensione dei propri impianti al minimo tecnico nell’area di Brindisi, indispensabili per garantire la tensione della rete elettrica locale”. L’avvio dei procedimenti è stato notificato giovedì 6 ottobre nel corso di alcune ispezioni effettuate dall’Autorità in collaborazione con il Nucleo Tutela dei Mercati della Guardia di Finanza.

I procedimenti, sottolinea l’Antitrust, sono stati avviati su segnalazione dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico, la quale ha rappresentato che, nel periodo 27 marzo – 15 giugno 2016, Enel e Sorgenia avrebbero cambiato la loro strategia di offerta dell’energia prodotta dagli impianti situati nell’area di Brindisi. In particolare, le condizioni di offerta di entrambi gli operatori sui mercati all’ingrosso avrebbero determinato il tendenziale azzeramento dei programmi di produzione dei rispettivi impianti nella zona, che sono quindi risultati spenti ad esito di tali mercati. In tali circostanze, al fine di garantire l’esercizio in sicurezza della rete elettrica locale, il gestore della rete di trasmissione nazionale, Terna, sottolinea l’Antitrust, è stato obbligato a richiedere alle società l’avviamento di alcune unità produttive sul mercato dei servizi di dispacciamento.

Tanto Enel Produzione quanto Sorgenia – che respingono ogni addebito – si sono, quindi, trovate nella condizione di fornitore indispensabile in talune fasce orarie del periodo in questione, posizione sulla quale sembrano aver fatto leva per imporre a Terna prezzi eccessivi, che parrebbero prima facie sproporzionati rispetto al costo del servizio offerto. Secondo quanto rappresentato dal regolatore di settore, sottolinea ancora l’Autorità, “il maggior costo pagato da Terna per l’approvvigionamento dei servizi di regolazione della tensione nell’area di Brindisi nei primi sei mesi del 2016 è stato superiore di circa 320 milioni di euro rispetto alla spesa sostenuta nello stesso periodo dell’anno precedente. Tale costo (cosiddetto uplift) costituisce una componente della bolletta elettrica, che si riversa quindi su tutti gli utenti, sia consumatori che imprese”.

La mossa dell’Antitrust è solo l’ultima di una lunga serie, dopo l’aumento delle bollette elettriche scattato il primo luglio scorso. Annunciando il rincaro del 4,3% della luce sul mercato tutelato, l’Autorità per l’energia aveva già spiegato come l’incremento fosse da addebitare proprio alla crescita dei costi di dispacciamento, cioè dei costi sostenuti da Terna per il mantenimento in equilibrio del sistema elettrico. Il problema, però, come dimostrano anche le istruttorie avviate dall’Antitrust, non è il comportamento di Terna, chiamata ad assicurare la luce in tutto il Paese in ogni momento, ma quello degli operatori che avrebbero appunto tenuto alcuni impianti fermi, accendendoli solo su richiesta del gestore per far pagare l’energia molto più cara (320 milioni in più). A svantaggio ovviamente del prezzo finale pagato in bolletta.

Gli aumenti di luglio sono tuttavia stati bloccati lo stesso mese dal Tar della Lombardia. La successiva richiesta di annullare la decisione avanzata dall’Autorità per l’energia è stata respinta dopo pochi giorni. Le tariffe sono quindi rimaste nel terzo trimestre immutate rispetto al secondo, nonostante con un’ulteriore sentenza lo stesso Tribunale amministrativo avesse poi concesso all’Authority di applicare l’aumento contestato, creando un fondo apposito per un eventuale futuro risarcimento. L’Autorità ha preferito non far scattare alcuni rialzo e modificare le bollette solo a partire dal primo ottobre per il quarto trimestre. Il Codacons, il primo a fare ricorso, già annuncia una “mega class action” nel caso in cui le istruttorie Antitrust confermassero gli abusi.

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